ORA E SEMPRE RESISTENZA!

ADDIO DON GALLO, RESISTEREMO ANCHE PER TE!

Con Don Gallo muore un’idea di militanza cristiana che non battezza i potenti ma si mischia ai senza voce, a chi resiste e lotta. Un esempio di parzialità in un mondo diviso. Una voce scomoda che non asseconda ma critica, una predica che non pacifica ma spinge a schierarsi.

Salutiamo il partigiano Andrea!

Addio Don Gallo, compagno e amico!

Si è spento don Andrea Gallo, il prete scomodo vicino agli ultimi

E’ vero, sono comunista. Non dimentico mai la Bibbia e il Vangelo. E non dimentico mai quello che ha scritto Marx”.

UN RICORDO DEL GIORNALISTA FREDDIE DEL CURATOLO

Eravamo fianco a fianco alla presentazione di un Dvd postumo su Fabrizio De Andrè prodotto dalla rivista anarchica “A”.
L’ambientazione era stata scelta ascoltando Khorakhanè. Un campo Rom alla periferia di Milano. Uno di quelli per cui milioni di persone si indignano, in mezzo a persone di cui si possono condividere le ragioni ma è umanamente difficile comprendere i metodi.
“Come può un prete definirsi anarchico?” gli chiesi. “Ma io non sono un prete” rispose, dipingendo uno di quei sorrisi ad acquarello che, uniti alla vivacità dello sguardo, cancellavano la cupezza della nera tonaca. “Sono un uomo di Dio, quindi un uomo”.
Avrebbe dovuto aggiungere “vero”. Una persona autentica che nella maniera più schietta e palese possibile predicava il messaggio del più noto comunista del mondo.
Chi è cristiano, se non si è fatto ingabbiare da duemila anni di paure, da duecento di progresso, da milioni di opportunisti, è per forza comunista. Spesso è più facile essere atei e comunisti, ma ad Andrea Gallo piacevano le sfide. Battaglie mai fini a se stesse e con intenti quasi sempre divulgativi. Leggere i vangeli apocrifi non per vezzo, sfilare in manifestazione con gli “autonomi”, aiutare gli altri dal basso e senza pensare di ricevere nulla in cambio, coltivare un sano, quasi ingenuo narcisismo.
Puoi essere prete e non seguire la tua Chiesa, puoi credere in Dio ed essere un compagno, puoi elargire il messaggio di Gesù e non coltivarci sopra né rose né denari. Basta essere uomini veri. Affrontare i compromessi come ostacoli e non come opportunità, guardare avanti senza dimenticarsi di voltarsi indietro per comprendere e aiutare e di guardare di fianco per trovare uno sguardo complice. Lottare, battersi, in prosa in poesia e se necessario con i bastoni. Sapere che nulla esclude nulla e che nessuno in fondo è capace di autoescludersi, se riceve fiducia. Don Gallo ci ha insegnato ad essere uomini, senza pregiudizi, senza retorica ma anche senza evitare il comune senso del peccato.
Don Andrea Gallo era genoano, come l’amico fragile e come tanti altri uomini veri che ha incontrato sulla strada. Specialmente in mezzo alla strada, nei carrugi e negli angoli bui di questa società in cui trovava sempre motivi per amare. Avremmo dovuto incontrarci tra qualche settimana, ero felice come un bimbo di potergli raccontare dell’Africa, dei miei ragazzi con addosso la maglietta del Grifone, di Bud, l’ex tossicodipendente genoano che in lui e in Dio ha trovato la salvezza e del quale ho curato la biografia.
Mi resta solo da pensare, e veramente lo penso, che sarà eterno come lo sono stati i suoi pensieri e come lo sarà il ricordo e che avrà la pazienza di aspettarmi, nel terzo piano della Nord.
Arrivederci, Andrea!
Freddie


IL PARTIGIANO DON GALLO

“Ciao Don Gallo. Ti salutano i partigiani”

Addio Don Gallo, prete che amava gli ultimi. Aveva 84 anni, si è spento nel suo letto. Era assistito da tutta la “grande famiglia” di San Benedetto al porto di Genova. Il sacerdote ricordato con affetto da tutta Italia, dalla politica al mondo del sociale fino ai No Tav. Ma Don Gallo era anche iscritto all’Anpi e tutta l’Anpi – innanzitutto quella di Genova ma assieme a lei tutta l’associazione a partire dalla Segreteria nazionale –  abbraccia con affetto la Comunità di San Benedetto “per il grave lutto che la colpisce con la scomparsa di Don Gallo”.

“E’ una ferita – si legge in un comunicato dell’Anpi genovese – non solo per loro, ma di tutta la città, di tutta la nostra comunità che ha trovato in Don Gallo non solo il Prete degli ultimi, dei diseredati, ma l’espressione più profonda della Chiesa come Comunità dell’Incontro e del Dialogo, dell’Accoglienza. La Chiesa che si apre al mondo costruendo con la sua tenacia la speranza e la necessità del riscatto, del valore della dignità dell’uomo sugli egoismi”.

“Con Don Gallo – continua il conunicato – scompare un uomo che è stato una stupenda sintesi del Sacerdote portatore della parola di Dio, ma nel contempo dell’uomo strenuo difensore dei valori della Resistenza contenuti e affermati nella Costituzione della Repubblica Italiana.
Lui, iscritto alla nostra Associazione, non ha mai rinunciato a legare il messaggio del Vangelo con gli articoli espressi nella Carta fondamentale della Repubblica, una bussola laica per tutta la nostra comunità nazionale”.

“Lo vogliamo ricordare in quei tanti momenti in cui, tra i nostri monti, nelle fabbriche o in città, celebrava una S. Messa o recitava una preghiera nei luoghi in cui, molti giovani e ragazze, hanno dato la vita per la nostra libertà, rimarcando con noi il valore e il significato profondo di quel sacrificio. Subito dopo, però ci spronava lui stesso, partigiano della Costituzione, a viverla, ora e sempre, non solo come un documento legato alla storia, ma come uno straordinario programma per costruire un mondo migliore, ricordando a tutti noi che nelle radici della Libertà sta il futuro della democrazia”.
Questo l’estremo saluto dell’Anpi genovese: “Ciao Don Gallo. Ti salutano i partigiani, gli antifascisti e i democratici genovesi, molti nel piangere la Tua scomparsa diranno una preghiera, altri Ti penseranno, ma certamente tutti Ti porteremo nel cuore”.

Questa la nota della segreteria nazionale Anpi:

La Segreteria Nazionale ANPI esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Don Andrea Gallo e si stringe attorno al dolore della Comunità di San Benedetto e delle cittadine e dei cittadini  di Genova. 

Il Paese intero perde con Don Gallo un autentico servitore dell?antifascismo e della Costituzione, vissuti nel profondo e diffusi tra la gente, per le strade senza mai lesinare coraggio, fiato e speranza.

E’ stato un solido punto di riferimento e voce dei bisognosi, dei diseredati, degli inascoltati dal potere: da qualsiasi posto emergesse una richiesta accorata di riscatto e dignità don Andrea Gallo era lì ad offrire mani e cuore.

Un esempio, non un’omelia. Un partigiano della solidarietà, della giustizia sociale, dei diritti. Limpido erede della Resistenza, del suo appassionato spirito di rivolta e rivoluzione.

Resistenza, che amava nominare in ogni occasione possibile anche ricorrendo ad indimenticabili esibizioni canore: la sua Bella Ciao cantata spesso anche in chiesa. Così fu durante la Prima Festa nazionale dell’ANPI a Casa Cervi dove la sua presenza regalò entusiasmo e una bella allegria. La memoria di don Andrea Gallo, del suo impegno, delle sue lotte, non ci abbandonerà. Doverosamente la porteremo nel cuore e nella coscienza. Fino a farla scendere nelle piazze, tra la gente. Con la Costituzione in mano. Avrebbe certamente voluto così. 

http://notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/13/05/23/morto-don-gallo.html
http://notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/13/05/22/don-gallo-reazioni.html?cronaca 

A SANT’ANNA NESSUN COLPEVOLE

La procura di Stoccarda archivia la strage di Sant’Anna.

L’Anpi: “Indecente”

Ci possono essere archiviazioni giuste e colpevoli. E poi ci sono quelle indecenti. Ed è l’esempio di quella decisa dalla Procura di Stoccarda per la strage di Sant’Anna di Stazzema. Una decisione che suscita indignazione

Doveva appunto decidere sul ricorso contro l’archiviazione della strage di S.Anna di Stazzema. Decisione che alla fine è arrivata. La sentenza è stata “archiviazione”.

“Se la notizia è esatta commenta Carlo Smuraglia, presidente nazionale ANPI – devo dire che sono veramente indignato. Per la strage in questione, alcuni responsabili sono stati condannati, in Italia, all’?ergastolo, con sentenza divenuta definitiva. Possibile che non se ne tenga alcun conto e che per una strage così orribile, in Germania si pensi di chiudere la vicenda con un tratto di penna?”

“Ciò che colpisce – continua Smuraglia – è che il Presidente tedesco è andato questa estate a Sant’Anna, ha fatto un bel discorso, si è rammaricato di quanto accaduto allora ed ha parlato della necessità di una memoria condivisa. Ma come è possibile, se poi decisioni come questa di Stoccarda scavano un solco ancor più profondo non solo con  i familiari delle vittime, ma anche  con tutti i cittadini che aborrono la violenza e la barbarie e confidano che i popoli possano diventare amici?”

“Esprimo un sentimento di viva protesta e indignazione; e  ne faccio partecipi anche  tutti coloro – italiani e tedeschi –  con i quali si è cercato di percorrere un cammino di pace, rispettando verità storica e giustizia. Vorrei che tutti si impegnassero a farlo, contro ogni tentativo ed ogni sforzo di dividere e di negare giustizia, per creare una convinzione comune e diffusa che, senza giustizia e verità, le profonde ferite scavate  dalla barbarie e dalle stragi non si potranno mai rimarginare. Noi, persone responsabili, vorremmo invece arrivare a soluzioni di pace, ma nel rispetto della storia e della verità. Esprimiamo, perciò, la nostra più sentita partecipazione e vicinanza a tutti coloro che vedranno rinnovarsi, con questa triste notizia, dolori, angosce e sofferenze mai sopite”.

ANPI CONTRO IL RAZZISMO

FERMIAMO OGNI FORMA DI RAZZISMO



Anche a Como l’organizzazione neofascista Forza Nuova rialza la testa e si lancia in una delle azioni che più le è congeniale: esporre striscioni in luoghi precisi della città con la complicità del buio della notte. Riteniamo grave ciò che è stato scritto su quel pezzo di stoffa: “consegnateci Kabobo”.  Questa frase ci riporta ad un recente fatto di cronaca drammatico e doloroso per molte famiglie milanesi, a cui inviamo il nostro cordoglio.  
Ci preme però sottolineare, che purtroppo sono molti  in questi tempi di crisi economica e sociale i fatti di sangue compiuti da persone indigenti, senza alcuna distinzione di razza o colore della pelle.  Ciò che scrive Forza Nuova è quindi un vero e proprio incitamento all’odio razziale. La campagna xenofoba visibile sui siti internet e sulle pagine Facebook di Forza Nuova che pubblica “l’immigrazione uccide” ed elenca reati compiuti da immigrati nei confronti delle donne e gli ignobili insulti alla ministra Cécile Kyengeè, sono tutte espressioni di uno schema caro alle destre, che assumono l’equazione “immigrato uguale criminale”. Tuttavia, mettiamo in evidenza come, in questa macabra contabilità, sono decine le donne vittime di violenze e omicidi perpetrati da “italiani autoctoni”, fuori e dentro le mura domestiche, sui cui però Forza Nuova colpevolmente tace.

A questo bieco e becero razzismo diffuso dalle organizzazioni neofasciste, noi rispondiamo con la cultura dell’accoglienza e della democrazia. In Italia l’immigrazione è una grande questione nazionale da affrontare con adeguate politiche strutturali di integrazione e non invece, con la politica dei respingimenti, con visioni di mero ordine pubblico che alimentano esasperazioni e paure e strumentalizzano per fini elettoralistici gli stessi bisogni di sicurezza dei cittadini.
Inoltre, a fronte di questo dilagare della xenofobia, sollecitiamo le istituzioni affinché la Legge Mancino del 1993 contro l’incitamento alla discriminazione e all’odio razziale non resti lettera morta.

La Legge Bossi-Fini del 2002, anch’essa richiamata nello striscione esposto da Forza Nuova,  è la sciagurata legge attualmente in vigore che regola l’ingresso di stranieri. Una legge che favorisce l’abbassamento dei livelli minimi di tutele dei lavoratori immigrati e l’inasprimento delle misure securitarie sui territori con l’introduzione nel 2009 del “reato di clandestinità”. Chi viene arrestato in quanto “clandestino”, può essere detenuto fino a 18 mesi, senza avere diritto a un processo. Troviamo così centri sovraffollati da stranieri colpevoli di fatto di non appartenere ad uno Stato membro della Comunità Europea; stranieri in uno Stato in cui il migrante è considerato una categoria da schedare e segregare, rendendogli desiderabile la fuga e la sopravvivenza con espedienti, favorendo la criminalità organizzata e i procacciatori di lavoro in nero.

Per questi motivi si rende necessario sviluppare azioni concrete al fine di eliminare le intollerabili condizioni di semi schiavitù a cui molti lavoratori immigrati sono costretti nel nostro Paese, promuovere sostanziali modifiche al sistema dei Centri di Identificazione e di Espulsione -oggi inaccettabili e da chiudere- che non garantisce il pieno rispetto dei diritti democratici e prevedere l’abolizione del reato di clandestinità.
Occorre una vera e propria battaglia politica e culturale contro ogni forma di razzismo, da portare nelle scuole, nelle piazze, sui luoghi di lavoro e nelle giovani generazioni.
In questa battaglia di convivenza civile l’ANPI e l’antifascismo sono in campo quali essenziali punti di riferimento.

ANPI SEZIONE COMO


LA BATTAGLIA DI MEGOLO

BATTAGLIA DI MEGOLO


La battaglia di Megolo fu uno degli episodi più eroici della Resistenza. Il 13 febbraio 1944, alle prime luci dell’alba, reparti delle SS, appoggiati da una compagnia della GNR, invasero la piccola frazione di Pieve Vergonte, con l’intento di stroncare la Resistenza dei ribelli che operavano in quel luogo. Due giovani partigiani, che riposavano in attesa di raggiungere i loro distaccamenti, furono sorpresi nel sonno e catturati. Trascinati davanti al comandante delle SS furono a lungo e invano torturati, non fecero alcuna rivelazione. Alla fine, ormai quasi in fin di vita, furono fucilati nella piazzetta a lato dell’osteria del paese.

Avvertiti del rastrellamento in corso, i partigiani della valle, al comando del Capitano Filippo Maria Beltrami, architetto, 36 anni,   medaglia d’Oro al Valor Militare, si disposero a resistere: erano 53 uomini con una mitragliatrice, due mitragliatori, un mitra e una cinquantina di moschetti contro più di cinquecento nazi-fascisti armati di tutto punto, con un cannoncino, due mortai, tre mitragliatrici, fucili mitragliatori e mitra.

Mentre la nebbia di disperdeva e i raggi del sole iniziavano a illuminare il nuovo giorno, i partigiani osservavano in silenzio l’avanzare della colonna nemica. Era necessario attendere che i nazi-fascisti giungessero a tiro, per non sprecare le munizioni. I tedeschi avanzavano su tre linee distanziate fra loro di qualche metro, i fascisti avanzavano sulle due ali. Finalmente il Capitano diede il segnale e i partigiani iniziarono a sparare. Fu una battaglia lunga e cruenta, con fasi alterne. Più volte il fuoco dei partigiani costrinse gli avversari a ripiegare, ma sempre essi si riconpattavano e tornavano all’attacco. L’ unica arma pesante dei partigiani s’inceppò e dovette essere abbandonata, uno dei due mitragliatori fu raggiunto da un colpo di mortaio. Con le poche munizioni rimaste non potevano più resistere a lungo. Il Capitano respinse per la seconda volta l’invito ad arrendersi. Era necessario attaccare il nemico e i partigiani balzarono all’assalto. Sorpresi dall’azione i nazi-fascisti iniziarono a ritirarsi disordinatamente, inseguiti dai ribelli. L’azione terminò nell’abitato di Mengolo, dove gli inseguitori furono falcidiati dalle mitragliatrici dei rinforzi giunti dall’Ossola in appoggio dei nazisti. Cadde anche il capitano Beltrami, mentre cercava di riorganizzare i suoi uomini, e caddero, mentre cercavano generosamente di soccorrerlo, Gaspare Pajetta, studente torinese di 17 anni e Antonio Di Dio, di 20 anni, un ufficiale di carriera che dopo l’8 settembre si era unito alla Resistenza.

Un fascista, raggiunto Beltrami, fece scempio del suo corpo con un pugnale.

Il Cap. Simon, invece, riconoscendo la generosità, il valore, il coraggio, la nobiltà dei sentimenti dell’eroico comandante partigiano gli fece tributare gli onori militari da un reparto di SS.

Caduti: Arch. Cap. Filippo Maria Beltrami – Avv. Cap. Gianni Citterio (Redi) – Ten. Antonio Di Dio – Carlo Antibo – Bassano Bassetto – Aldo Carletti – Angelo Clavena – Bartolomeo Creola – Emilio Gorla – Paolo Marino – Gaspare Pajetta – Elio Toninelli


Leggete l’appassionante testimonianza di Gino Vermicelli:

http://archiviodelverbanocusioossola.com/2012/02/23/megolo-13-febbraio-1944/




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