POESIA

DA ” IL CANTO SOSPESO”

DI ORSOLA PUECHER

……..

II

Ora il ragazzo cammina da solo
Non pensa più a niente
Le valli sono silenziose intorno
Piove fine sulla neve gelata a chiazze sparse
Ha con sé solo un ombrello di seta nera
Piccolo elegante che era di sua madre
Che se ne andò presto
Il pomolo d’argento a zampa di grifone
Afferrato all’ultimo nella fretta della fuga
I fascisti gli hanno ucciso il fratello
Muoio per la mia patria
Che ha abbracciato uno per uno
I giovani miliziani del plotone d’esecuzione
Perdono a coloro che mi giustiziano
perché non sanno quello che fanno
e non pensano che l’uccidersi tra fratelli
non produrrà mai la concordia.

E così nella notte contro il muro del cimitero
Non tutti gli hanno sparato addosso
Non ha voluto essere bendato
E li guardava con i suoi occhi azzurri

I colpi si sono sparsi a raggiera intorno
Molti quelli a vuoto
Nei buchi sull’intonaco ferito
All’albeggiare di quel dicembre
Hanno infilato uno per uno dei fiori
Il ragazzo l’ha vegliato a lungo
Gli ha parlato per una notte intera
fratellino non ti volevo eroe
fratellino come farò senza di te

Poi i nazisti hanno deportato il padre
Per vendetta
Gli portava dei pacchi
Alla rete del campo di Fossoli
L’hanno portato in Germania
All’improvviso.
Così i buoni padri gesuiti del collegio
Hanno organizzato questa fuga in Svizzera
Per salvare l’agnello designato.

Orsola Puecher

brano tratto dal poema ” Canto sospeso”

COMO RICORDA I SUOI EROI

GIANCARLO PUECHER

23 Agosto 1923 – 23 Dicembre 1943

Giancarlo Puecher nacque a Milano il 23 agosto 1923. Iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Milano, sospese gli studi per arruolarsi volontario nell’aviazione come allievo ufficiale pilota. Dopo l’armistizio si ricongiunse ai familiari, che nel frattempo erano sfollati a Lambrugo. Collegatosi ai partigiani del luogo, nel settembre 1943 entrò a far parte della banda autonoma di Ponte Lambro, divenendone il vice-comandante. Fu fermato per caso, in bicicletta con il compagno Fucci, da una pattuglia di militi della Repubblica Sociale Italiana a Lezza la notte del 12 novembre del 1943, ad un posto di blocco dei numerosi istituiti insieme al coprifuoco, in seguito al fatto che quella stessa sera erano stati uccisi il centurione della milizia e cassiere del Banco Ambrosiano di Erba, Ugo Pontiggia, e un suo amico, Angelo Pozzoli.
   Puecher e Fucci, ignari di tutto e che, forse, se fossero stati a conoscenza dell’omicidio, avrebbero avuto maggiore prudenza, si stavano recando a una riunione clandestina. Avevano un tubo di gelatina e alcuni manifestini antifascisti, di cui però riuscirono, nel buio, a disfarsi. Fucci estrasse la pistola e tentò di sparare, ma l’arma si inceppò. Uno dei miliziani lo colpi ferendolo al ventre. Fu portato in ospedale e rimase in prigione fino alla fine della guerra. Giancarlo fu fermato, interrogato, picchiato e poi arrestato.
   Il federale di Milano Aldo Resega fu ucciso il 18 dicembre 1943, mentre Giancarlo Puecher era già in prigione e da più di un mese.
   Giancarlo Puecher non fu mai accusato di alcun omicidio.
   Quando il 20 dicembre, allorchè fu ucciso in un agguato anche lo squadrista di Erba Germano Frigerio, i fascisti decisero di mettere in atto una rappresaglia, con modalità tristemente consuete, che prevedeva la fucilazione di trenta antifascisti, dieci per ogni fascista ucciso ad Erba, cioè Ugo Pontiggia, Angelo Pozzoli e Germano Frigerio.
   Nelle carceri di Como non trovarono un numero tale di prigionieri e li ridussero a sei, fra cui Giancarlo Puecher. I fascisti imbastirono un processo farsa, istituendo un Tribunale Speciale, presieduto da Biagio Sallusti, e con irregolarità processuali inconcepibili oggi, ma di regola ai tempi, Puecher fu l’unico condannato a morte, mediante fucilazione, non per omicido, ma per aver promosso, organizzato e comandato una banda armata di sbandati dell’ex esercito allo scopo di sovvertire le istituzioni dello Stato.
   Non si poteva ammettere che un giovane di famiglia nobile e di ispirazione profondamente cristiana “cospirasse”.

Fu fucilato il 23 dicembre, antivigilia di Natale, nel cimitero nuovo di Erba. Aveva 20 anni. Prima di morire volle abbracciare e salutare tutti i presenti, rincuorando e perdonando tutti.

Si doveva dare l’esempio. Esempio che sortì nei fatti l’effetto contrario, determinando ancora di più alla lotta contro il fascismo la parte migliore dell’Italia, che nei valori condivisi trovò la forza di ribellarsi.

Riportiamo qui l’ultima lettera di Giancarlo Puecher, scritta poche ore prima di essere fucilato.

21 dicembre 1943

Muoio per la mia patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato. Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto, accetto con rassegnazione il suo volere.
Tutti i miei averi vadano ai miei fratelli e a Elisa Daccò.
Vorrei che sul mio avviso mortuario figurassero i miei meriti sportivi e militari.
Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono.
Viva l’Italia.
Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia mamma che santamente mi educò e mi protesse nei vent’anni della mia vita.
L’amavo troppo la mia patria non la tradite e voi tutti giovani d’Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale.
Perdono a coloro che mi giustiziano, perché non sanno quello che fanno e non pensano che l’uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia.
Vorrei lasciare L 5000 alla mia guida alpina Motele Vidi di Madonna di Campiglio. L 5000 al mio allenatore di sci Giuseppe Francopoli di Cortina. L 5000 a Luigi Conti e L 1000 a Vanna De Gasperi, Berta Dossi, Rosa Barlassina. Il mio guardaroba ai miei fratelli e a Pussi Aletti, mio indimenticabile compagno di studi.
L 1000 alla Chiesa di Lambrugo.
Il mio anello d’oro ricordo della povera mamma a Papà, il braccialetto a Ginio e l’orologio Universal a Gianni. Alla zia Lia Gianelli una mia spilla d’oro con pietra. Un ricordo delle mie gioie alle mie cugine e a Elisa.
Stabilite una somma per messe in mio suffragio e per una definitiva sistemazione pacifica della patria nostra.
A te papà vada l’imperituro grazie per ciò che sempre mi permettesti di fare e mi concedesti.
Elisa si ricordi del bene che le volli e forse non sufficientemente apprezzò.
Ginio e Gianni siano degni continuatori delle gesta eroiche della nostra famiglia e non si sgomentino di fronte alla mia perdita, i martiri convalidano la fede in una vera idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la sua volontà.
Baci a tutti
Giancarlo Puecher Passavalli

ENRICO CARONTI

28 Aprile 1901 – 23 Dicembre 1944

Nato a Blevio nel 1901, fu segretario della Federazione giovanile socialista comasca, ma nel 1921 passò al PcdI. Pur avendo fatto studi superiori, per essersi rifiutato di prendere la tessera del Partito Fascista, dovette accettare il lavoro di operaio tessile. Durante il regime fascista fu più volte arrestato per “misure di Pubblica Sicurezza”, ma non cessò mai la sua intensa attività politica clandestina. Dopo l’armistizio del ’43, Caronti fu tra i primi ad organizzare la Resistenza, prima nella zona del lago Maggiore e quindi nel Comasco. Fu tra i promotori degli scioperi del marzo 1944, in seguito ai quali, per evitare l’arresto e la deportazione, dovette abbandonare la sua casa, la moglie Cherubina Meroni e i due figli e raggiungere le formazioni partigiane. Con il nome di battaglia di “Romolo”, Enrico Caronti divenne il commissario politico della 52ma Brigata Garibaldi “L. Clerici”, della quale, nell’ottobre, assunse il comando. La notte del 21 dicembre 1944, durante un rastrellamento che investì la zona di Dongo, “Romolo” fu catturato, con altri due partigiani, dai militi della Brigata Nera di Menaggio. Rinchiuso nella caserma di Menaggio, Carontii fu orrendamente  torturato per ore e ore, ma non parlò. Era sfigurato quando, la notte del 23 dicembre 1944, i suoi aguzzini lo fucilarono.

Nel 1975, in piazza Lucini, nel paese dove era nato, ad Enrico Caronti è stato eretto un monumento.


COMMEMORAZIONE DI ENRICO CARONTI

Domenica 23 dicembre p.v. per il 68° anniversario  della morte di Enrico Caronti “Romolo” ci saranno due incontri commemorativi. 
A Blevio, suo paese natale, alle ore 9.30 verrà deposta una corona al monumento a lui dedicato. 
A Menaggio, luogo dove fu barbaramente ucciso, alle ore 11,30  al cimitero verrà deposta una  corona alla lapide.
Vi aspettiamo numerosi.

SALVIAMO LA BIBLIOTECA DELLE RESISTENZE

Salviamo la biblioteca delle resistenze di Torre Pellice

La sezione Anpi di Torre Pellice (Torino) vuole salvare la Biblioteca delle Resistenze, sezione staccata della Biblioteca comunale “Carlo Levi”.
“Siete sicuramente a conoscenza – scrivono in una lettera aperta – dell’impegno che la nostra sezione, insieme con volontarie e volontari, ha profuso per l’apertura e per la gestione della Biblioteca. Per l’adeguamento a normative in tema di sicurezza e per l’ampliamento dei locali, necessario per aprire un conveniente spazio espositivo a materiale proveniente dalla storica Tipografia Subalpina, dove durante la Resistenza si stampava materiale clandestino (in particolare: il Pioniere), si rende oggi necessario un ulteriore e piuttosto consistente investimento.
L’Amministrazione di Torre Pellice, così come altre Amministrazioni, per non parlar della Comunità Montana, attraversa un momento assai critico con inadeguate disponibilità finanziarie a fronte delle crescenti esigenze della popolazione”.

“D’altronde – spiegano – il mancato adeguamento di cui sopra comporterebbe il serio rischio di un drastico ridimensionamento dell’attività della Biblioteca. In particolare di quelle attività di divulgazione (presentazione di film, libri, incontri tematici) cui le volontarie e i volontari si sono dedicate/i con passione per diffondere i principi e i valori della Resistenza e della Costituzione”.

“La sezione ANPI e il gruppo di volontarie e volontari – si sottolinea – hanno ritenuto, quindi, di dover/poter avviare iniziative di autofinanziamento. La sezione ANPI, in particolare, si è proposta di aprire una sottoscrizione fra tutte le sezioni ANPI d’Italia.
Siamo certi di poter contare sul vostro appoggio e sulla vostra collaborazione. Se lo ritenete utile, possiamo organizzare un incontro per illustrare l’iniziativa nel dettaglio e definire insieme i modi d’attuazione”.

La lettera è firmata dal direttivo della sezione. 

Eventuali sottoscrizioni vanno accredidate sul c/c  IT27 U033 5901 6001 0000 0071 154
info@anpivalpellice.it,

UN ANNO FA LA SPARATORIA DI FIRENZE

Era il 13 dicembre 2011. E’ trascorso un anno dal folle gesto di Gianluca Casseri, il militante di Casa Pound che, nel corso di una vera e propria criminale caccia al senegalese, aveva ucciso Samb Modou di 40 anni e Diop Mor di 54 anni al mercato di piazza Dalmazia, e gravemente ferito, al mercato di San Lorenzo,  Moustafa Dieng di 34 anni, Mbenghe Cheike di 42, e Sonyou Mor di 34, che resterà paralizzato dopo che un proiettile, trapassando il torace, aveva raggiunto e leso due vertebre.

Ricordando questo triste anniversario, l’Anpi ribadisce che episodi come questo, al di là degli squilibri mentali del singolo, sono il risultato di una cultura dell’intolleranza, dell’ odio e del razzismo, che non possono avere cittadinanza in un sistema democratico.

Informiamo che è stata avviata una raccolta firme per chiedere la cittadinanza italiana ai superstiti dell’ agguato. Chi volesse aderire può farlo sul link qui sotto riportato.

https://www.change.org/it/petizioni/a-un-anno-dalla-sparatoria-di-firenze-chiediamo-la-cittadinanza-per-i-senegalesi-feriti?ref=HRE

 

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