“Irresponsabile e faziosa la mozione del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia. Basta con l’uso politico della storia!”

Comunicato della Segreteria nazionale ANPI sulla mozione del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia di accusa all’ANPI e all’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea di riduzionismo o addirittura negazionismo sul dramma delle foibe

La mozione del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia di accusa all’ANPI e all’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea del Friuli-Venezia Giulia di riduzionismo o addirittura negazionismo sul dramma delle foibe e dell’esodo, rappresenta una inaccettabile censura perché nega libertà e legittimità alla ricerca storica in base ad un pregiudizio di ordine politico e ideologico. È gravemente faziosa perché assume l’opinione degli estensori come inconfutabile verità, mentre in particolare in questa regione occorrerebbe bandire qualsiasi uso politico della storia e approfondire la conoscenza e il confronto su basi scientifiche. È un atto di irresponsabilità, perché, strumentalizzando il terribile dramma delle foibe, fomenta un clima di odio e di rivincita e riapre tensioni del passato con i Paesi confinanti, in particolare Slovenia e Croazia. Distorce e falsifica la legge che punisce “l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Si permette di delegittimare l’ANPI e l’Istituto regionale per la storia della Resistenza, rivelando così un intollerabile spirito di vendetta non solo verso questi istituti al servizio della Repubblica, ma specialmente verso la Resistenza. L’ANPI non si farà certo intimidire da questi grotteschi tentativi di sanzionare chi da settant’anni custodisce la memoria della Resistenza e difende la Costituzione; nello stesso tempo l’ANPI denuncia il disegno oscurantista e autoritario che sta prendendo piede nel nostro Paese e di cui questa mozione è una prova gravissima e lampante.

LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI

1 aprile 2019

I FALSI DIARI DEL DUCE

La bocciatura è più che autorevole. Viene da uno dei massimi storici internazionali del fascismo: il professor Emilio Gentile. Docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, visiting professor dalla Francia al Connecticut, autore di numerosi saggi sul tema. Per lui, le agende dal 1935 al 1939 proposte all’attenzione pubblica dal senatore Marcello Dell’Utri, sono un bluff. Nel senso che non sarebbero state scritte dal Duce: “Permangono”, scrive in una relazione esclusiva consegnata a ‘L’espresso’ il 30 gennaio 2005, “fondati motivi per dubitare che l’autore delle cinque agende sia stato Benito Mussolini”. Parole che pesano come piombo, perché Gentile ha studiato quei diari per circa due mesi (vedi intervista a pagina 48). A partire dal novembre 2004, quando sono stati offerti al nostro giornale da Maurizio Bianchi, figlio del partigiano Lorenzo della cinquantaduesima brigata Garibaldi, il quale li avrebbe ricevuti il 27 aprile 1945 a Dongo, dopo l’arresto di Mussolini.

‘L’espresso’ ha commissionato una perizia calligrafica e fisico chimica dagli esiti non confortanti (vedi intervista a pagina 51). Poi si è rivolto al professor Gentile. E per rendere possibile il suo lavoro, gli ha consegnato le fotocopie di tutti e cinque i diari. Risultato, la scoperta di strafalcioni tanto clamorosi e diffusi, da dover essere catalogati in quattro categorie: “Nomi errati ed errori grammaticali, discordanze cronologiche, incongruenze e inesattezze”. Con l’aggiunta, se non bastasse, di interi brani molto, ma molto simili alle cronache pubblicate sui quotidiani dell’epoca. “Una prima lettura”, premette nella perizia Gentile, “mi ha dato un’impressione generale di unità e coerenza, sia per lo stile che per il contenuto dei cinque diari, tali da far pensare che siano stati scritti dalla stessa persona, anche se il tono, il contenuto e la lunghezza delle annotazioni variano a seconda degli anni. (…) Non sono tuttavia emersi”, in quel primo approccio, “motivi sufficienti per formulare subito un giudizio sull’autenticità o meno”. Per andare oltre, dunque, Gentile dichiara di avere svolto uno studio “non per campioni o periodi particolari”, ma seguendo meticolosamente “giorno per giorno le annotazioni”. Dapprima, spiega, ha messo a confronto “le note dei diari con il maggior numero possibile di fonti edite (documenti, diari, memorie) e di opere storiografiche sulla vita di Mussolini e sulle vicende del periodo cui si riferiscono i diari”. In un secondo tempo, ha confrontato “quotidianamente, per tutto il periodo compreso fra il 1935 e il 1939, gli avvenimenti pubblici, gli eventi di cronaca, e anche, dove possibile, le condizioni meteorologiche con analoghe notizie della stampa coeva”. Un’impresa portata a termine con la “lettura incrociata di vari giornali e riviste come ‘Il Popolo d’Italia’ e il ‘Corriere della Sera’, il ‘Messaggero’ e la ‘Tribuna’, ‘La Stampa’, e ‘Gerarchia’, fino a ‘La rivista illustrata del Popolo d’Italia’ e gli ‘Annali del fascismo’. Verificando, nei punti ancora ambigui, con la documentazione dell’Archivio centrale dello Stato.

Nessuna novità, nessuna originalità
Un’infinità di lavoro che ha impegnato a tempo pieno il professor Gentile, e che lo ha portato a esprimere giudizi drastici. “Dal punto di vista della novità e dell’originalità”, scrive , “questi diari non presentano un contenuto documentario particolarmente nuovo e originale per la biografia di Mussolini”, né “per la storia del periodo di cui fu protagonista”. Più o meno, insomma, si trovano informazioni già acquisite “da altri diari e memorie di protagonisti del regime fascista, come ad esempio i diari di Galeazzo Ciano, Giuseppe Bottai e altri collaboratori del Duce, sia nella politica interna che nella politica estera”. Inoltre, scrive Gentile, “si è riscontrata in queste agende una singolare mancanza di note su momenti, aspetti e figure che ebbero sicuramente un significato e un ruolo molto importante nella vita politica di Mussolini”. È allibito, il professore, che non vi sia “mai un resoconto dettagliato o citazioni testuali dei numerosi colloqui che Mussolini ebbe con il re, né vi sono altre notizie che permettano di avere una più ampia conoscenza delle relazioni fra la monarchia e il regime fascista, a parte alcune considerazioni sul problema della ‘diarchia’, cioè sui rapporti fra il re e il Duce, che tuttavia nulla aggiungono a quanto già noto da altre fonti, a cominciare da scritti e dichiarazioni dello stesso Mussolini”. Altrettanto singolare, nota Gentile, “è il carattere prevalentemente descrittivo e impressionistico delle annotazioni sullo svolgimento di eventi di grande rilievo della politica di Mussolini, come gli incontri di Stresa e di Monaco, e i viaggi del Duce in Germania e di Hitler in Italia”. E comunque, si legge nella perizia, anche in questi casi non ci sono elementi nuovi, bensì resoconti “spesso di minimo interesse e di scarso significato”.
Tante cronache, tutte copiate
A tutto ciò, prosegue Gentile, va abbinata un’altra caratteristica dei diari, ossia la presenza “di prolissi resoconti dei frequenti viaggi fatti dal Duce in varie regioni d’Italia, annotati fin nei minimi dettagli, con l’elencazione dei singoli paesi, villaggi e borghi incontrati lungo il percorso, e persino con l’indicazione delle svolte, delle salite e delle discese, fino alle soste per la merenda”. Altrettanto stucchevoli, scrive Gentile, “sono le note che descrivono le visite del Duce a stabilimenti, cantieri, fabbriche, opere in costruzioni, delle quali sono citate sempre, con ostentata pignoleria, le dimensioni, le caratteristiche tecniche e le funzioni”. Una dovizia di particolari apparentemente inediti e personali che potrebbe “avvalorare l’ipotesi dell’autenticità”, nota il professore, magari “nel senso di un’autenticità postuma”. Ma viceversa diventa per lui “fonte della maggiore perplessità sull’autenticità dei diari, a causa della frequente concordanza, spesso letterale, fra il testo delle agende e le cronache dei giornali che trattano gli stessi avvenimenti”. Ad esempio, scrive Gentile, lo colpisce una descrizione che nei diari si trova al 20 febbraio 1935: “Esteso l’impianto aerodinamico riunito con un grande fabbricato dove vi sono sei gallerie del vento”, si legge. “Una avente 4 metri di diametro con una potenza soffiante di 13 cavalli e una velocità del vento di 360 km l’ora. 4 gallerie di due mt. di diam. con potenza soffiante di 450 cavalli e una galleria verticale di 3 mt. di diam. con potenza soffiante di 80 cavalli alta circa 30 metri. La galleria verticale (di cui esistono solo 3 esemplari al mondo) permette di studiare il comportamento dell’aereo in perdita di velocità in vite e altre manovre acrobatiche”. Lo stesso 20 febbraio 1935, sottolinea Gentile, la ‘Tribuna’ scrive: “Non meno importante è l’impianto aerodinamico riunito in un grande fabbricato. In complesso ci sono sei gallerie del vento: una avente 4 metri di diametro con potenza soffiante di 1.300 cavalli e velocità massima di 360 chilometri all’ora; quattro di diametro di due mt. con potenza soffiante di 450 cavalli cadauna, e una verticale, di tre metri di diametro con potenza soffiante di 80 cavalli alta circa 30 metri. La galleria verticale di cui esistono al mondo soltanto tre esemplari, permette di osservare e studiare il comportamento dell’aeroplano in ‘perdita di velocità’ in vite e altre manovre acrobatiche”.

Impressionante, la somiglianza. E tutt’altro che isolata. Si legge nel diario del 1936 alla pagina del 27 agosto: “Sul fianco del ripidissimo costone che precipita nella valle si aprono centinaia di abitazioni troglodite. Siamo indietro almeno di diecimila anni! I vecchi governi anche quando ebbero uomini della Lucania non si occuparono di questa regione che è l’immagine della miseria (…) Il ‘sasso’ dovrà sparire e rimanere soltanto un’attrattiva per turisti”. Parole che si trovano pressoché identiche sul ‘Corriere della Sera’ del 29 agosto 1936: “Sui fianchi del ripidissimo costone che precipitano a valle – vera bolgia dantesca – si aprono centinaia di abitazioni trogloditiche”, c’è scritto. “I vecchi Governi, anche quando ebbero a capo uomini della Lucania, evitarono sempre di occuparsi di questa dolorosa bruttura (…) fino a quando l’intero ‘sasso’ sparirà e rimarrà soltanto come una attrattiva per i turisti”.

Nomi sbagliati
grammatica zoppicante
Altri esempi, scrive Gentile nella sua perizia, sono quelli del 15 agosto 1935, del 25 agosto 1936, del 26 agosto 1936, del 27 agosto 1936, del 31 marzo 1939… Per citare solo alcuni dei casi più clamorosi. “Una così frequente concordanza”, dice il professore, “potrebbe esser spiegabile con l’ipotesi della ‘autenticità postuma’, immaginando cioè un Mussolini che scrive o riscrive i suoi diari durante la Seconda guerra mondiale, rinfrescandosi la memoria con la lettura dei giornali o utilizzandoli per ricostruire lo svolgimento dei suoi viaggi e delle sue visite”. In questo caso, “se fosse dimostrata la validità di tale ipotesi, ci troveremmo di fronte alla realtà di un Mussolini il quale, per compilare ‘a posteriori’ le sue note, non solo si sarebbe avvalso ampiamente della stampa dell’epoca, ma avrebbe addirittura commesso veri e propri plagi, copiando o parafrasando le cronache dei giornali. Tuttavia, nota Gentile, anche sposando questa ipotesi, resterebbero comunque “inspiegabili altre numerose anomalie”, delle quali compila uno sterminato elenco. “L’istruttore maggiore Testone”, citato ad esempio il 28 maggio 1935 a proposito del conseguimento del brevetto di pilota del figlio Bruno, in realtà si chiama Angelo: “Nome esatto”, scrive Gentile, “confermato anche dal brano sul fratello Bruno di Vittorio Mussolini, che lo stesso Duce cita nel libro ‘Parlo con Bruno'”. L’Edoardo Ganna nuovo federale per l’Eritrea, citato il 3 dicembre 1935, si chiama Leonardo. Il pilota Mario Stoppani del 3 luglio 1938 si chiama Antonio. L’Hegel che nei diari avrebbe “iniziato il movimento popolare” assieme a “Marx”, è l’altrettanto celebrato Engels. Il Niezsche del 10 ottobre 1939 si scrive ovviamente Nietzsche, la “Meriade di Federico Klopstock” del 24 ottobre 1939 è la Messiade, l'”eccezzione” dell’8 dicembre 1939 si scrive con una sola zeta, come d’altronde “l’eccezzionale” di un foglio sparso del 1939.

Date sbagliate
palesi incongruenze
Peggio ancora, se possibile, va con quelle che il professor Gentile cataloga come “discordanze cronologiche”. Un fiume di inesattezze che inonda tutti e cinque i diari. La visita al Duce della “professoressa Elisabetta Hazelton Haight”, per dire, indicata nelle agende sotto il 6 giugno 1935, avviene il giorno prima (“la nota”, fa tra l’altro osservare Gentile, “riproduce quasi letteralmente il comunicato pubblicato dalla stampa del 6 giugno”). Stesso discorso vale per l’appunto “Vado a Modigliana”, rintracciabile nei diari al 23 luglio 1935, ma in verità riferibile al 22 luglio. La conferenza del Tripartito, che stando all’agenda del 13 agosto 1935 si sarebbe svolta “dopodomani 15 agosto”, risulta essere iniziata alle 10,30 del 16 agosto. Quanto al discorso che il cardinale Schuster avrebbe pronunciato al Castello Sforzesco di Milano, riportato nell’agenda del 25 febbraio 1937, si è svolto addirittura il 26 ottobre seguente, “come risulta dalla cronaca del ‘Corriere della Sera’ e del ‘Popolo d’Italia’”.

Errori veniali? Innocenti distrazioni? Pasticci nella fretta? Il professor Gentile la pensa diversamente. E a supporto del suo scetticismo, inserisce nella perizia fatti che smentiscono l’attendibilità dei diari. Chi li ha scritti, infatti, il 13 febbraio 1935 dice che Mussolini va “in incognito” a uno spettacolo all’Augusteo. Ma sul ‘Messaggero’ del 14 febbraio 1935 si trova tutt’altro: “Al termine dell’inno, coristi e pubblico rivolti verso il palco ove era il Duce, gli hanno tributato una calorosissima manifestazione prolungatasi per vari minuti”. Ancora più eclatante è l’appunto del 16 giugno 1935, dove il presunto Duce scrive che le sue “meditazioni vengono interrotte dalla visita dell’elegante e festaiolo Prezzolini”. Una versione che non sta in piedi, dimostra Gentile: “Prezzolini fu ricevuto il 15 giugno, scrive nella perizia. E sembra assai “strano che apparisse ‘festaiolo’, se in quella stessa occasione, come sappiamo da testimonianza dello stesso Prezzolini, questi diede a Mussolini la notizia della morte del figlio Alessandro”.

Piccolo Duce, falsi diari
“In conclusione, scrive Gentile, “sulla base degli esempi e degli argomenti esposti, e in mancanza di altre inconfutabili o più convincenti prove della effettiva autenticità dei diari, a mio avviso permangono fondati motivi per dubitare che il loro autore sia stato Benito Mussolini”. Non solo per la valanga di strafalcioni e incongruenze che il professore ha trovato, ma per il ritratto del Duce che esce da queste pagine. “Il Mussolini dei diari”, scrive Gentile, “si presenta come un uomo alquanto romantico e sentimentale, quasi crepuscolare, che ama annotare intime impressioni, emozioni stati d’animo, vagheggiamenti e desideri. È un uomo solo, solitario, misantropo, padre e marito affettuoso, che tesse spesso le lodi della moglie per il suo carattere e la sua saggezza, anche se non mancano allusioni o velati accenni ad avventure extraconiugali con altre donne, e che soprattutto predilige la famiglia e la quiete famigliare”. Particolari, secondo Gentile, “del tutto opposti al personaggio storico, che proiettava pubblicamente di sé l’immagine di un uomo che seguiva quotidianamente la massima ‘vivere pericolosamente'”. E che per giunta sono abbinati all’immagine “di un uomo politico che è quasi un Duce riluttante, spesso in contraddizione con il capo politico e il personaggio pubblico quale appare da altri documenti, dai diari e dalle memorie dei suoi più intimi collaboratori”.

Insomma: materiale da prendere con le pinze. L’ennesima verifica che i conti non tornano.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/La-vera-storia-dei-falsi-diari/1510647&ref=hpstr1

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