DOMANDE E RISPOSTE SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE

Riforma costituzionale

Si dice che sono molti anni che si discute e non si è mai fatto nulla. Perché opporsi adesso, quando si decide, finalmente, di fare qualcosa di positivo per l’aggiornamento della Costituzione?
Non si tratta di fare a tutti i costi, ma di fare bene, aggiornando quando occorre, ma rispettando lo spirito e i valori della Costituzione. Inoltre non è vero che non si sia fatto nulla. Sono stati modificati, in varie occasioni, molti articoli della Costituzione e, in taluni casi, addirittura alcune parti. È vero, invece, che non si è data attuazione a norme fondamentali della Costituzione, ma su nessuna di esse interviene questa riforma.
Dunque, contrarietà ad ogni modifica del sistema parlamentare?
Niente affatto: si può correggere il “bicameralismo perfetto” in modo molto semplice e rapido: differenziando, almeno in parte, il lavoro delle Camere (ad esempio, riservando la fiducia al Governo solo alla Camera, e il controllo sull’esecutivo e sull’attuazione ed efficacia delle leggi al Senato). E poi creando un sistema che consenta di approvare insieme le leggi più importanti e che affidi le altre ad un solo ramo del Parlamento, con la facoltà di intervento da parte dell’altro ramo. Questa riforma si sarebbe potuta fare in poco tempo, già col Governo Letta, invece di mettere mano a modifiche molto estese e controverse.
La riforma abolisce o no il Senato?
La riforma non abolisce affatto il Senato ed anzi ne ribadisce la funzione legislativa e quella di revisione costituzionale, ma indebolendolo concretamente con la composizione, fatta di Sindaci e Consiglieri regionali, cioè Senatori a tempo parziale.
Perché l’elezione del Senato dovrebbe essere diretta?
La riforma Boschi, nell’attribuire ai consigli regionali, e non ai cittadini, il diritto di eleggere il Senato, viola la sovranità popolare, di cui «la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto ( … ) costituisce il principale strumento di manifestazione», come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014.
Affermare poi che il popolo italiano – con la riforma Boschi – eleggerebbe indirettamente il Senato perché i consigli regionali, eletti dal popolo, eleggerebbero a loro volta i senatori, è una vera baggianata. È come dire che il popolo italiano elegge il Presidente della Repubblica perché il Presidente viene eletto da Camera e Senato, che sono eletti dal popolo. Si tratta di una analogia superficiale e, come tale, giuridicamente improponibile.
In realtà, la cosa più grave è che non si sa neppure come le elezioni avverrebbero “in conformità della volontà popolare”, visto che su questo punto l’art. 2 rinvia ad una legge ordinaria (che non c’è).
Non c’è il lato positivo del risparmio di spesa, visto che la funzione dei Senatori è prestata a titolo gratuito?
Se si pensa che occorre ridurre il numero dei parlamentari, si può ridurre proporzionalmente il numero dei Deputati e quello dei Senatori. Se invece si riduce drasticamente solo il numero dei Senatori, squilibrando il sistema, vuol dire che il disegno è un altro: praticamente “azzerare” il Senato e dare tutto il potere ad una sola Camera ed a chi la governa. Questo è grave e pericoloso perché elimina il sistema di pesi e contrappesi giustamente disegnato dalla Costituzione.
Quindi, la riforma prevede che i senatori esercitino contemporaneamente anche le funzioni di consigliere regionale o di sindaco, senza considerare che l’importanza e l’onerosità delle funzioni senatoriali (funzione legislativa ordinaria e costituzionale; raccordo tra lo Stato, le Regioni e i comuni, con l ‘Unione Europea; valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni; verifica dell’impatto delle politiche dell’Unione Europea sui territori ecc. ecc.) ne renderebbero aprioristicamente impossibile il puntuale espletamento. I futuri 100 senatori, in quanto Sindaci o Consiglieri regionali, non saranno compensati per le loro funzioni di Senatore, ma avranno soltanto un “rimborso spese” di imprecisabile dimensione (anche se è difficile credere che si faccia un lavoro in più gratuitamente). Godranno dell’insindacabilità giudiziaria per i fatti posti in essere nell’esercizio delle proprie funzioni – il che è condivisibile – e, ancorché Senatori, solo part-time, godrebbero anche dell’immunità “personale” dagli arresti, dalle perquisizioni personali e domiciliari, e dai sequestri della corrispondenza, col rischio – connesso all’abnorme numero dei Consiglieri regionali attualmente indagati o addirittura rinviati a giudizio – di trasformare il Senato in un “refugium peccatorum”. Inoltre, è pacifico che verranno poi fuori le solite “diarie” e resteranno comunque in piedi tutte le costose strutture del Senato.
Ci sarà uno snellimento al procedimento legislativo.
Non è vero, perché sono previsti molti tipi e molte modalità di esercizio della funzione legislativa (secondo alcuni, sette, secondo altri, assai di più); l’art. 70 della Costituzione si risolveva in una riga e mezzo, quello “nuovo” si protrae per tre pagine ed è indice solo di confusione, conflitti, rallentamento.
Ma questo che viene configurato è il Senato delle autonomie?
No, perché non rappresenta le Regioni, ma assegna solo determinati poteri a Consiglieri regionali e Sindaci. In Paesi come la Germania, è il Governo dei Lander (Regioni) che elegge il Senato e così nasce una vera rappresentanza.
La riforma attribuisce poteri legislativi all’Esecutivo, cioè al Governo?
La riforma amplia il potere d’iniziativa legislativa del Governo mediante la previsione di disegni di legge «attuativi del programma di governo», da approvare, da parte della Camera dei deputati, entro 70 giorni dalla deliberazione d’urgenza dell’assemblea. Il che rischia di restringere ulteriormente gli spazi per l’iniziativa legislativa parlamentare – attualmente ridotti al solo 20 per cento – grazie a possibili capziose interpretazioni estensive sia del concetto di “programma di governo”, sia del concetto di “attuazione del programma”. In altre parole, si finirebbe per mettere nelle mani del Governo l’agenda dei lavori della Camera.
Quale sarebbe la posizione costituzionale del Premier grazie alla riforma Boschi e all’ltalicum?
II nostro ordinamento si orienterebbe di fatto verso un “premierato assoluto”, grazie all’Italicum e alla riforma Boschi: I’Italicum trasformerebbe il voto al partito del leader in un’investitura quasi diretta del Premier e la legge Boschi eliminerebbe il Senato come potenziale contro-potere esterno della Camera senza prevedere efficaci contro-poteri interni. Col duplice rischio, connesso all’ ”uomo solo al comando”, di produrre eccessivi squilibri di rappresentanza e di condizionare addirittura i poteri del Presidente della Repubblica.
Cosa accadrà se vincerà il NO? Sarà il caos?
Trattandosi di riforma costituzionale, non succederà nulla. Tutto resterà come prima, sul piano costituzionale, essendosi però evitato uno stravolgimento del sistema costituzionale e restando ben aperta la possibilità di apportare quelle opportune modifiche, ritenute necessarie per correggere il cosiddetto “bicameralismo perfetto”. Quanto alle conseguenze politiche, ne ha parlato solo il Presidente del Consiglio. Noi siamo di diverso avviso e non lasciamo entrare la politica-partitica nella campagna referendaria. Escludiamo, in ogni caso, il caos; il Governo andrà avanti fino a che il Parlamento gli darà la fiducia. E questo non c’entra nulla con le riforme costituzionali.
Quanto agli aspetti economici, è singolare il fatto che sia la Confindustria a prospettare il disastro economico. Ogni volta che i “poteri forti” si occupano della Costituzione c’è da preoccuparsi e da temere che si perseguano interessi particolari, anziché l’interesse pubblico.
Ci sono altre misure, nella legge sulla riforma del Senato, che suscitano perplessità e/o contrarietà?
Certamente: mentre si parla di partecipazione e della necessità di rafforzarla, si triplica il numero delle firme necessarie per i progetti di legge di iniziativa popolare; e non si fissano termini per la trattazione dei progetti in Parlamento, rinviando la questione ai regolamenti parlamentari.
Anche per il referendum, si finisce – in sostanza – per aumentare il numero delle firme necessarie (portandole a 800.000); inoltre, si rinvia alle calende greche ogni provvedimento sulla tutela delle minoranze e lo “statuto delle opposizioni”, richiesto da tutti a gran voce.
Ma almeno la durata delle due Camere è la stessa?
No, perché quella della Camera resta prestabilita, mentre quella del Senato è legata alle vicende degli organi da cui provengono i Senatori (Regioni e Comuni).

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