► Referendum: l’importanza della verità
Si va diffondendo, per fortuna, il convincimento che la campagna referendaria
debba svolgersi con civiltà, senza ricatti e senza pressioni “politicamente
scorrette”. Non va dimenticato, però, che un requisito importante, anzi
fondamentale, di una campagna civile è la verità. Le opinioni possono essere
diverse, ma sui presupposti di fatto non dovrebbero esserci dubbi. La verità,
prima di tutto. Mi capita, peraltro, di leggere su un grande quotidiano l’articolo
di un autorevole esponente del “SI” (Il confronto sul referendum e le ragioni
per votare “SI”) che mi sembrava muoversi sulla linea civile di cui ho detto. Ma
poi dopo aver sostenuto che una delle grandi difficoltà delle democrazia
occidentali è costituita dalle estraneità dei cittadini alla politica, si afferma che
vada particolarmente sottolineata “quella parte della riforma (del Senato) che
riconosce il diritto dei cittadini al referendum propositivo e a veder prese in
esame entro un determinato termine le proposte di legge di iniziativa popolare
che oggi finiscono in un cestino”. Due proposte, dice l’autore, che
rappresentano una novità che, insieme con una buona legge elettorale,
“potrebbe riattivare il circuito virtuoso” tra società e politica”. Bene. Guardiamo,
però le norme in questione e ci accorgiamo facilmente che quel circuito virtuoso è molto di là da venire, perché il legislatore della riforma, che avrebbe ben
potuto dettare disposizioni precise, in tutti e due i casi, invece non l’ha fatto
rinviando l’attuazione dei principi enunciati sostanzialmente alle calende greche.
Leggiamoli: all’art. 71 attuale si aggiunge un comma in cui si parla del
referendum costituzionale propositivo, ma se ne rinviano “condizioni ed effetti”
ad una legge costituzionale. Questa è la prima delle due future novità.
Passando alla seconda, che riguarda l’iniziativa legislativa popolare, anche in
questo caso c’è un comma aggiuntivo all’art. 71, ma da un lato si scrive che “la
discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge di iniziativa
popolare sono garantite, nei tempi, nelle forme, e nei limiti stabiliti dai
regolamenti parlamentari (dunque ancora un rinvio alle calende greche, per
l’attuazione effettiva del principio); e dall’altro si moltiplica addirittura per tre il
numero delle firme richieste, appunto, per la presentazione di leggi di iniziativa
popolare. E in questo caso la trasformazione del numero di firme da 50.000 a
150.000 non è rinviata ma diventa di immediata applicazione. Davvero un
singolare modo per favorire la partecipazione a meno che non si intenda che
essa si risolva in una promessa, anzi in due promesse e in una norma
peggiorativa. Dunque siamo d’accordo di discutere sul merito, ma a condizione
che si dica la verità, tutta la verità sulle cosiddette “novità” che dovrebbero
risolvere il problema del circuito viziosoè molto di là da venire, perché il legislatore della riforma, che avrebbe ben
potuto dettare disposizioni precise, in tutti e due i casi, invece non l’ha fatto
rinviando l’attuazione dei principi enunciati sostanzialmente alle calende greche.
Leggiamoli: all’art. 71 attuale si aggiunge un comma in cui si parla del
referendum costituzionale propositivo, ma se ne rinviano “condizioni ed effetti”
ad una legge costituzionale. Questa è la prima delle due future novità.
Passando alla seconda, che riguarda l’iniziativa legislativa popolare, anche in
questo caso c’è un comma aggiuntivo all’art. 71, ma da un lato si scrive che “la
discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge di iniziativa
popolare sono garantite, nei tempi, nelle forme, e nei limiti stabiliti dai
regolamenti parlamentari (dunque ancora un rinvio alle calende greche, per
l’attuazione effettiva del principio); e dall’altro si moltiplica addirittura per tre il
numero delle firme richieste, appunto, per la presentazione di leggi di iniziativa
popolare. E in questo caso la trasformazione del numero di firme da 50.000 a
150.000 non è rinviata ma diventa di immediata applicazione. Davvero un
singolare modo per favorire la partecipazione a meno che non si intenda che
essa si risolva in una promessa, anzi in due promesse e in una norma
peggiorativa. Dunque siamo d’accordo di discutere sul merito, ma a condizione
che si dica la verità, tutta la verità sulle cosiddette “novità” che dovrebbero
risolvere il problema del circuito vizioso attualmente in atto tra cittadini e
istituzioni; circuito vizioso palesemente destinato a protrarsi ancora a lungo,
nonostante le affermazioni di principio che finiscono per essere, unite
all’aumento del numero di firme, meno ancora di un atto di intenzione e di
buona volontà.
Carlo Smuraglia, presidente ANPI Nazionale