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Allegati19:07 (17 ore fa)

   
a

LA RIVINCITA DELLA GUERRA – DI UGO GIANNANGELI

Alleghiamo il testo dell’ intervento di Ugo Giannangeli del 12 marzo al congresso della sezione Anpi Seprio, in relazione al tema dei Diritti Umani.

 

LA RIVINCITA DELLA GUERRA

Relazione di Ugo Giannageli

 

Da troppi anni il tema del rispetto dei diritti umani è stato cancellato dall’agenda politica e da quella giuridica. Dilaga la violenza delle guerre che fa strame dei principi enunciati nei secoli. Si potrebbe risalire alla Magna Charta del 1215 oppure alla Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti del 1776 o anche alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino della Rivoluzione francese del 1789. Già in questi lontani testi si trovano enunciati principi fondamentali in tema di diritto alla vita e alla integrità fisica, libertà di pensiero, di religione, di associazione, di partecipazione politica. Le contraddizioni tra i diritti affermati e la realtà non sono mai mancate. Pensiamo al diritto alla ricerca della felicità enunciato nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti mentre veniva praticata la schiavitù ed era in corso lo sterminio dei popoli nativi. Dobbiamo attendere la prima metà del secolo scorso per l’affermazione di principi in tema di diritti economici, sociali, culturali ma, soprattutto, di solidarietà. Tali sono i diritti all’istruzione, al lavoro, alla casa, alla salute, all’autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo, al controllo delle risorse nazionali e alla difesa ambientale. Il contrasto tra diritti enunciati e la realtà è palese anche in questo caso; è del 1941 la Carta atlantica che riprende le quattro libertà enunciate da Roosvelt: condanna di ogni annessione territoriale, autodeterminazione dei popoli, libertà di commercio e dei mari, condanna dell’uso della forza. Ben diversa era però la situazione sul terreno in Europa e nel mondo in quegli anni.

E’ nell’immediato dopoguerra che, con ancora negli occhi i milioni di morti e le città distrutte, si ha un proliferare di norme in tema di diritti umani: tra il 1946 e il 1950 troviamo lo Statuto delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, le Convenzioni di Ginevra e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La parola d’ordine era “ Mai più”.

Ma così non è: oggi cosa accade? Si è giunti a ritenere che la legalità internazionale, cioè il rispetto delle regole enunciate nelle Convenzioni e nei Trattati, sia un’arma per ostacolare il potere dei singoli Stati. Da grande conquista, il diritto internazionale diventa un intralcio! Questa diversa concezione ha anche un nome: Lawfare, il prezzo della legge. Si è consentito per anni che la forza prevalesse sul diritto, ora la forza addirittura crea il diritto. Spiego con un esempio questa affermazione apparentemente paradossale. Pensate ad attività criminali quotidianamente praticate come gli omicidi mirati, i cosiddetti “danni collaterali”, la tortura, la detenzione amministrativa. Attività criminali sempre praticate ma condannate, almeno a parole, e palesemente realizzate in violazione di leggi. Oggi si tende a renderle legali, almeno in una certa misura. E’ un po’ quello che accade con l’inquinamento ambientale: invece di ridurlo, si alza la soglia legale della tollerabilità. L’illegale diventa legale e si muore, come prima ma legalmente.

Se devo datare l’inizio di questo percorso penso alla prima guerra del Golfo, 1990/91. Lì assistiamo ancora a un tentativo, riuscito, di applicazione del diritto internazionale e il massimo organismo preposto alla sua applicazione, l’ONU, svolge ancora un ruolo.

 

L’Iraq di Saddam è costretto a ritirarsi dal Kuwait, le risoluzioni ONU sono fatte rispettare, sia pure a prezzo di milioni di morti tra bombe ed embargo, la legalità internazionale è ripristinata. Anni dopo si completerà l’opera con la seconda guerra e l’uccisione di Saddam ma nel 2003 siamo in una fase in cui il diritto internazionale è già stato messo da parte. Perché? Perché era intervenuto l’11 settembre 2001 con l’attacco alle Due Torri. Il Patriot Act, cioè l’insieme di norme emanate in risposta all’attacco, deroga ai principi fondamentali del diritto interno e internazionale. Sorge così Guantanamo come luogo di prigionia e di tortura, partono gli attacchi armati senza alcuna copertura giuridica, si avvia la pratica delle “renditions”, cioè sequestri di persone ovunque nel mondo. 

L’ONU è inattivo, non svolge alcun ruolo politico e la sua attività si riduce a livello assistenziale tramite i suoi organismi e le sue agenzie.

Lo scorso anno, dopo gli attentati di Parigi, Hollande ha subito chiesto ed ottenuto dal Consiglio d’Europa la deroga alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo; sono state promulgate in Francia leggi gravemente limitative di diritti fondamentali in tema di libertà di espressione, riunione, associazione; le leggi sono state dichiarate emergenziali, cioè con efficacia limitata nel tempo, ma talmente poco temporanee sono che è in corso la loro introduzione nella Costituzione. Non solo, ma è apparso subito chiaro che la lotta al terrorismo era anche una buona occasione per colpire realtà antagoniste e politicamente ostili ma che nulla avevano a che fare col terrorismo: così, ad esempio, in occasione della COP 21 sono state vietate le manifestazioni pacifiche di protesta degli ecologisti ( alcuni dirigenti sono stati trattenuti nelle abitazioni) ma sono stati autorizzati i mercatini di Natale, a dimostrazione del fatto che il timore di attentati, con il conseguente divieto di assembramenti, era solo un pretesto.

Nell’ambito di questo discorso sullo svuotamento di potere dell’ONU e della violazione del diritto internazionale tollerata, tra le cause non si può dimenticare una costante dal 1948 ad oggi e cioè l’impunità di Israele. Sono decine le risoluzioni ONU inottemperate da Israele ma ci potremmo limitare a citare le tre fondamentali che, se attuate, avrebbero da tempo risolto la questione palestinese ( non uso il termine invalso di “conflitto” perchè tale non è, trattandosi di una occupazione): la 181 che prevede la nascita di due Stati, la 194 che sancisce il diritto al ritorno dei profughi e la 242 che impone l’obbligo di ritiro dai Territori occupati nel 1967. Sono recenti le prese di posizione di Ban Ki-moon e, ancora più timidamente, dell’UE contro Israele invocando il rispetto del diritto internazionale ma tutto cade nel vuoto. Anzi: ad ogni piccola conquista sul piano internazionale da parte palestinese segue un incremento della colonizzazione. Così è avvenuto dopo l’ammissione della Palestina all’Unesco prima e all’ONU poi, sia pure solo come Stato osservatore.

Il diritto è basato su un principio elementare: alla violazione del precetto deve seguire una sanzione. L’autorevolezza della norma è gravemente minata se alla violazione non segue la sanzione ma ancora di più se vi è sperequazione di trattamento in situazioni simili. Perché nel caso dell’Iraq l’ONU ha agito e nel caso di Israele assiste passiva da quasi 70 anni?

 

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Quante sono le violazioni del diritto internazionale per troppo tempo tollerate? Innumerevoli. Solo a titolo esemplificativo, una veloce rassegna.

 

Diritto alla vita e alla integrità fisica: pensiamo alle esecuzioni mirate, cioè omicidi sulla base di informazioni dei servizi segreti; ai “danni collaterali”, cioè omicidi di persone innocenti, colpevoli solo di essere al posto sbagliato nel momento sbagliato ( in Pakistan tra il 2004 e il 2013 gli attacchi USA con droni sono stati 364 con migliaia di morti civili tra cui circa 200 bambini); pensiamo anche agli omicidi evitabili: i neri di Ferguson, subito uccisi dai poliziotti per un comportamento ambiguo, così come gli adolescenti palestinesi, subito uccisi dall’esercito o dai coloni senza neppure una verifica delle intenzioni; pensiamo anche ai tentativi in corso, portati avanti in Italia da forze politiche razziste e fasciste, di ampliare il concetto di legittima difesa così da farvi rientrare anche omicidi di ladruncoli in fuga.

Divieto di tortura: il recente caso di Giulio Regeni ha fatto emergere quanto già si sapeva e cioè che in Egitto sono centinaia i casi di tortura e di desaparecidos ( un ministro egiziano ha detto: che cosa sono a fronte di 90 milioni di abitanti?); eppure il generale golpista Al Sisi è personaggio utile all’Occidente, si fanno affari con lui ( Renzi è stato il primo ad incontrarlo) ed ancora una volta la ragion di Stato viene fatta prevalere sul diritto. In Israele la tortura è praticata abitualmente, anche nei confronti di minori, e una commissione presieduta da tale Landau a suo tempo ne ha legittimato l’uso “in una certa misura”. In Italia sono ancora vani gli sforzi per introdurre il reato di tortura nonostante i ripetuti richiami della Corte europea al nostro Governo. Gli emuli dei torturatori di Cucchi, Uva, Aldovrandi, di Bolzaneto, della scuola Diaz possono stare tranquilli. 

Divieto di schiavitù e di lavoro forzato: un magistrato, Antonio Bevere, ha ipotizzato il reato di riduzione in schiavitù per le inumane condizioni di lavoro nel settore agricolo nel Sud, ove due donne sono morte la scorsa estate per sfinimento. Potremmo citare anche il caso delle concerie toscane.

Diritto alla libertà e alla sicurezza e diritto a un processo equo. Si è già accennato alle renditions, sequestri di persona senza alcun accertamento giudiziario di responsabilità; a Guantanamo, con condizioni di detenzione disumane. E’ il caso di ricordare che il premio Nobel per la pace Obama non è riuscito a rispettare il modesto impegno assunto di chiudere questo lager. Alcuni sono lì detenuti dal 2001, altri sono stati liberati dopo anni, o a seguito di processo, che ne ha riconosciuto l’innocenza o, addirittura, senza processo, talmente palese è emersa la falsità delle accuse inizialmente mosse. In Israele trova ampia applicazione la detenzione amministrativa, quella cioè senza contestazione alcuna, senza quindi possibilità di difesa e senza limite di durata ( prorogabile di sei mesi in sei mesi). Iniquo è anche il processo che non condanna gli imputati palesemente colpevoli: i poliziotti di Ferguson, i soldati e i coloni israeliani. In Italia trovano sempre più applicazione le misure di prevenzione, cioè quelle misure gravemente lesive del diritto di libera circolazione, applicate solo sulla base di sospetti ( la legislazione nasce nel 1865 ma trova ampia applicazione nell’epoca fascista ed è storicamente sempre indirizzata contro gli oppositori politici).

Diritto alla “privacy”: le intercettazioni ambientali e telefoniche sono sempre più invasive e si va verso quelle preventive, cioè volte alla ricerca di eventuali reati e non solo alla ricerca di colpevoli dopo il reato.

Diritto alla libertà di movimento. L’Europa è ormai costellata di muri e filo spinato alle proprie frontiere che respingono quelle persone che le nostre guerre hanno o ridotto alla miseria o costretto a fuggire sotto le bombe. L’Italia è complice nello scacchiere internazionale e laddove non partecipa direttamente alle operazioni belliche vende armi, violando sia la Costituzione sia le proprie leggi, in specifico la 185/90 ( è il caso dei caccia M346 venduti ad Israele o delle bombe vendute all’Arabia Saudita, quelle che poi uccidono nello Yemen).

Libertà di coscienza, pensiero, religione ed espressione. La situazione in questo caso è paradossale: da un lato si criminalizzano moschee e centri di cultura islamici, dall’altro si consentono sproloqui razzisti e sessisti a esponenti politici, siano aspiranti alla Casa Bianca come nel caso di Trump siano nostrani come Salvini. E’ anche il caso di ricordare che iniziative di forze dichiaratamente neonaziste e neo fasciste sono sempre più diffuse e tollerate, soprattutto nella nostra zona ( commemorazioni a San Martino, a Giulino di Mezzegra, raduni a Cantù, a Rogoredo, Hammerfest etc.).

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Prima di concludere, un accenno a quelli che dovrebbero essere gli strumenti di applicazione del diritto internazionale ma restano inoperanti. La Corte internazionale di giustizia de L’Aja nasce nel 1945 ed è l’organo giurisdizionale dell’ONU; è un Tribunale arbitrale ed emette pareri consultivi, come tali predestinati a rimanere privi di efficacia in assenza di volontà politica. Si pensi alla condanna del muro di Israele nel 2004, rimasta senza alcun effetto. La Corte penale internazionale, con sede sempre a L’Aja, nasce nel 1998 a Roma ma i suoi limiti sono evidenti se solo si pensa che non solo non hanno aderito ma addirittura hanno votato contro il suo sorgere Stati come la Russia, gli USA, la Cina ed Israele, tutti possibili e potenziali incriminabili per le loro politiche interne ed estere.

Hanno firmato Stati come Andorra, San Marino e Trinidad che non suscitano particolari preoccupazioni sul piano bellico, al massimo sono di interesse della Guardia di Finanza sul fronte fiscale.

 

L’asservimento a logiche politiche della Corte penale internazionale è stata denunciata da giuristi, ad esempio in occasione del rigetto della denuncia delle Isole Comore la cui bandiera era battuta dalla Mavi Marvara, la nave che nel 2009 ha tentato inutilmente di portare viveri e medicinali a Gaza ed è stata assalita dalla Marina israeliana che ha ucciso 9 pacifisti turchi disarmati ( un decimo è morto mesi dopo per le ferite). Pende attualmente anche la denuncia dell’Autorità nazionale palestinese e di Hamas per gli eccidi di Israele a Gaza nel 2008/9 ma la non adesione di Israele al Trattato e lo status di mero osservatore all’ONU della Palestina rendono estremamente improbabile un esito favorevole.

 

I soli Tribunali che hanno sinora funzionato sono quelli creati “ad hoc”, cioè sorti dopo il crimine, in spregio al principio della predeterminazione del giudice. Sono chiamati anche i Tribunali dei vincitori perché ratificano a livello giudiziario le vittorie politiche e belliche. Sono noti quelli di Norimberga, di Tokyo e, più recentemente, quelli per la ex Jugoslavia, Rwanda, Timor est, Cambogia. Sono in molti a mettere in dubbio la loro imparzialità; Sergio Romano, ad esempio, ha riconosciuto un particolare accanimento del Tribunale nei confronti dei Serbi. Ci si potrebbe anche chiedere del perchè della non incriminazione degli USA per Hiroscima e Nagasaki o, più recentemente, del perché dell’insabbiamento del rapporto della Commissione Goldstone che ha riconosciuto Israele responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità per la cosiddetta operazione Piombo fuso. Insomma, la discrezionalità di questi Tribunali è assoluta, sin dall’esercizio o meno dell’azione penale.

Eppure quanto lavoro ci sarebbe per i Tribunali ! La guerra ha raggiunto livelli di disumanità inimmaginabili. La IV Convenzione di Ginevra a tutela della popolazione civile è ignorata: si bombardano case ed ospedali, anche quelli di Medici senza frontiere o Emergency, si spara alle autombulanze, si uccidono medici ed infermieri durante i soccorsi, si assediano città e campi profughi lasciando morire di fame la popolazione, come nel Medio Evo (vedi Yarmouk).

 

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Concludo questo inevitabilmente per ragioni di tempo limitato excursus sulla violazione dei diritti umani con parole non mie. Un illustre giurista recentemente scomparso, Benedetto Conforti, dice nel suo Trattato di diritto internazionale: “ Resta definitivamente confermata l’opinione…..circa la scarsa efficienza e credibilità dei mezzi internazionali di attuazione coattiva del diritto, mezzi in cui si riflette la legge del più forte.”. E sempre lo stesso autore: “ …c’è forse da prendere atto che il diritto internazionale…….ha esaurito la sua funzione. La guerra non può allora essere valutata giuridicamente ma solo politicamente e moralmente.”.

Non lasciamoci prendere dallo sconforto; anzi, lasciamoci con un compito e cito allora un altro illustre giurista con il quale sono stato in Israele e Palestina nel mio primo viaggio nel 1988, Domenico Gallo. Quando gli ho sottoposto le mie pessimistiche considerazioni sul ruolo del diritto internazionale mi ha detto: “…….se il diritto internazionale non è più vincolante per nessuno, non per questo possiamo permetterci di buttarlo a mare, al contrario bisogna lottare per ristabilirne l’autorevolezza nella coscienza dei popoli in quanto l’unica garanzia effettiva del diritto internazionale sta nella misura in cui l’opinione pubblica internazionale ne pretende il rispetto.”

 

Vedo il cammino molto duro ma non è motivo per non iniziarlo, anzi. Senza il primo passo, non possono esserci gli altri.

 

 

 

 

 

 

19 MARZO – CONGRESSO PROVINCIALE

Sabato 12 marzo, con il congresso della sezione Anpi Seprio, si sono conclusi i congressi di sezione nella nostra provincia. Il Congresso conclusivo del provinciale di Como si terrà sabato 19 marzo, alle ore 14,30, presso il salone dell’ associazione Lissi, via Ennodio 10 ( ex Parco Lissi).

Al termine dei lavori seguiranno le conclusioni di Pietro Cossu, del Comitato Nazionale Anpi.

 

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REBBIO, 19 MARZO

COMITATO SOCI COOP DI COMO

SABATO 19 MARZO – ORE 11

SUPERMERCATO COOP DI VIA GIUSSANI – REBBIO ( CO)

In occasione della 21a Giornata della Memoria e dell’ Impegno

in ricordo di tutte le vittime innocenti di tutte le mafie

 

RACCONTI AL FEMMINILE: donne protagoniste, donne vittime, donne contro

LETTURE DI MAFIA

Teatro d’Acqua Dolce

RIFORME

Riforme, la giurista Carlassare: “In gioco c’è la Costituzione, non il destino del premier. Dobbiamo mobilitare i cittadini”

“Costituzionalismo vuol dire porre limiti e regole al potere; col ddl Boschi salta ogni limite” così la professoressa Lorenza Carlassare, giurista e costituzionalista, docente emerita di diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Padova, ai microfoni di Radio Cora. Intanto il referendum sembra essere sempre più legato al futuro del Premier, “il Governo non c’entra nulla, non deve metterci le mani […] qui sta l’anomalia, si vuole cambiare la Costituzione con un ddl governativo ma la Costituzione non è appannaggio del Governo, della maggioranza momentanea. La Costituzione è di tutti e si può cambiare solo con un forte consenso”.

L’intervista su Radio Cora: http://www.radiocora.it/post?pst=19850

 

 

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