COMMISSIONE DEI SAGGI: I CITTADINI SI INFORMINO

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  COMUNICATO ANPI

►”Commissione dei saggi”: i cittadini aguzzino l’ingegno, si informino, si
documentino e poi alzino la guardia. Ancora una volta lo ripeto: non siamo
conservatori, la Costituzione si può modificare, ma solo in coerenza col complesso del sistema e solo nelle forme volute dal legislatore costituenteLa cosiddetta Commissione dei “saggi” nominata dal Governo per predisporre una bozza di riforme costituzionali, ha depositato – dopo un breve soggiorno marino a Francavilla – il primo lavoro, in tempi addirittura anticipati rispetto all’ attività del parlamento,che è ancora alla prima lettura del disegno di legge costituzionale sulla procedura.
Ci sarà tempo di esaminare questo documento con la necessaria attenzione,
ma fin d’ora, almeno due osservazioni si impongono.
La prima: tutti dovrebbero rilevare la tangibile anomalia di questo documento. La revisione della Costituzione è un tipico lavoro del Parlamento, disciplinato dall’art. 138 della Costituzione, che prescrive una serie di cautele e garanzie perché la Costituzione non possa essere riformata in modo incoerente e con maggioranze occasionali. Il Governo, secondo la prassi, dovrebbe restare estraneo a questo lavoro; al più potrebbe dire la sua nel corso della discussione, ma senza interferenze su un lavoro tipicamente parlamentare.
Invece, qui si è nominato un comitato di “saggi” (chissà che titolo di studio occorre peressere definito “saggio”?) col compito di stendere una sorta di bozza sulle principali questionidi cui si discuterà e che alcuni ritengono degne di un’attenzione particolare ai fini – appunto – dell’ipotetica riforma della Costituzione. I “saggi” (scelti con criteri non solo qualitativi, ma anche di appartenenza a specifiche aree politiche) hanno lavorato, su alcuni punti si sono trovati d’accordo e su altri no, ed hanno presentato la loro “bozza”; che dovrebbe servire a che cosa? Presumibilmente, nel pensiero di chi ha “inventato” questo procedimento inusuale, a fornire la base della futura discussione parlamentare, in qualche modo impegnativa per i parlamentari, che peraltro, di materiale ne hanno più che a sufficienza e il Parlamento è attrezzato per consentire l’approfondimento dei problemi per coloro che vogliano discutere (e
alla fine votare) consapevolmente.
Ed allora bisogna dire che questa è un’anomalia decisamente grande e grave, da respingere con forza, non solo per ragioni giuridiche, ma anche sulla base della logica e del buonsenso.
Ho sentito alcuni parlamentari dire “adesso vediamo questa bozza, e poi si vedrà”; mi ha colpito il fatto che non gridassero allo scandalo e non avvertissero l’offesa che,
implicitamente, è stata al Parlamento.
Bisognerà richiamare l’attenzione su questo punto, che è davvero di principio.
La seconda: da un primo, pur sommario, esame, emerge che i “saggi” hanno ritenuto che per“rafforzare il Parlamento”, bisognerebbe fare alcune modifiche fondamentali: ridurre ilnumero dei parlamentari, superare il bicameralismo paritario; regolare meglio il procedimento legislativo e, più rigorosamente, quello della decretazione d’urgenza.
Fin qui, in linea di massima, nulla di veramente nuovo, perché della riduzione del numero di parlamentari si parla da anni (e tutti si dichiarano d’accordo, ma dovrebbero rendersi conto che non basta ridurre il numero, bisogna organizzare meglio le presenze, il lavoro e la partecipazione effettiva, nelle Commissioni e in Aula) e così pure della differenziazione del lavoro tra le due Assemblee (sulla quale, ugualmente, c’è accordo di massima, ma con grandi differenza sulle soluzioni concrete).Quindi, il Parlamento dovrà lavorare a fondo, su questi temi, nel senso ora indicato. Ancora, non ci sono grandi problemi per una diversa e più efficace ripartizione delle competenze, che chiarisca bene la situazione ed eviti la conflittualità che in questi anni è stata parecchia e dannosa.
Ma il punto fondamentale è che i “saggi” non si sono trovati d’accordo sul presidenzialismo (che speriamo venga definitivamente accantonato) ed hanno ripiegato su un rafforzamento dell’esecutivo, ponendo come obiettivo la realizzazione di un “governo parlamentare del primo Ministro”.
In realtà, vengono presentate tre soluzioni possibili, ma è chiaro che quella su cui si punta è la terza (quella che ho ora indicato), accompagnata da una coerente legge elettorale.
In estrema sintesi, da una sola consultazione degli elettori dovrebbero emergere sia la
maggioranza parlamentare, sia l’indicazione del Presidente del Consiglio. Inoltre il primo Ministro potrebbe chiedere il voto, a data fissa, dei disegni di legge del Governo; il Primo Ministro potrebbe essere sfiduciato solo con una mozione di sfiducia costruttiva (maggioranza qualificata e indicazione del nuovo Presidente). La stessa procedura dovrebbe essere seguita quando il Primo Ministro pone la questione di fiducia su un provvedimento e non la ottiene.
Mi fermo qui, perché il ragionamento diventerebbe troppo complesso ed è chiaro che sul tema bisognerà tornare in prosieguo. Si vuole solo segnalare che nella più benevola delle ipotesi, si proporrebbe comunque un forte rafforzamento dell’esecutivo, non solo per il fatto che il Presidente del Consiglio sarebbe già indicato dal popolo, all’interno di una specifica maggioranza, ma anche e soprattutto perché col sistema descritto, l’agenda parlamentare sarebbe nelle mani del Governo, che potrebbe costringere l’Assemblea ad occuparsi praticamente (o almeno prioritariamente) dei soli disegni di legge proposti dal Governo. Con buona pace del “rafforzamento” del sistema parlamentare, che invece ne risulterebbe fortemente indebolito.
Sono soltanto prime osservazioni, che ho voluto formulare perché si cominci a capire qual’è la reale posta in gioco, che cosa viene prospettato al Parlamento per il suo lavoro, che peraltro comincerebbe solo dopo la definitiva approvazione, in seconda lettura, del disegno di legge che stravolge il senso dell’art. 138 della Costituzione, e dopo l’eventuale referendum.
Insomma, i cittadini aguzzino l’ingegno, si informino, si documentino e poi alzino la guardia.
Ancora una volta lo ripeto: non siamo conservatori, la Costituzione si può modificare, ma solo in coerenza col complesso del sistema e solo nelle forme volute dal legislatore costituente.
Tutto il resto rappresenta un serio pericolo, che occorre evitare, non per chiudere
definitivamente la partita, ma per affrontare seriamente i due problemi veri:
1. apportare alla Costituzione le modifiche già mature e che non alterino il sistema, ma semplicemente lo razionalizzino.
2. riprendere con forza un discorso che sembra appassito, in questo grande parlare di
riforme: quello dell’attuazione piena delle norme costituzionali e realizzazione effettiva dei princìpi e dei valori recepiti nella Costituzione. E’ noto a chiunque che, in gran parte, la Costituzione non è applicata (basti confrontare l’art. 1 con l’esercito di disoccupati e precari che vive ed aumenta nel nostro Paese, tanto per fare un esempio): è dunque ora che ci si decida a capire che questo è il compito primario di un Parlamento e di un Governo che vogliano essere davvero corrispondenti ai princìpi costituzionali ed alle esigenze di solidarietà ed equità che da essi derivano.


Carlo Smuraglia

Presidente ANPI Nazionale

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