FOSSOLI, PER SAPERNE DI PIU’
Il campo di Fossoli, allestito nel 1942 per ospitare i prigionieri di guerra e successivamente ampliato con il cosiddetto Campo Nuovo, in seguito all’armistizio, il 5 dicembre 1944 fu ufficialmente riaperto alle dipendenze della prefettura di Modena come campo di concentramento per ebrei della Repubblica Sociale Italiana, e quindi sotto il comando delle SS ( 15 marzo 1944) come campo di concentramento e transito degli ebrei e degli oppositori politici.
Nel dopoguerra vi furono internati dapprima i prigionieri dello sconfitto regime, poi divenne campo profughi e infine passò alla Comunità di Nomadelfia per bambini abbandonati ed orfani di guerra.
A causa dell’avvicinarsi del fronte e delle azioni partigiane nella zona, il 2 agosto 1944 il comando tedesco decise la chiusura del campo ed il trasferimento dei prigionieir nel campo di Bolzano ( Gries) già attivo dal luglio 1944.
Si calcola che più di 5.000 deportati, di cui 2.844 ebrei e circa 2.500 fra deportati politici e rastrellati transitarono per il campo di Fossoli.
L’arrivo dei prigionieri al campo di Fossoli ( così come per Bolzano e la Risiera di San Sabba) segna il passaggio da una storia individuale ad una vita comune di deportazione, com pratiche burocratiche umilianti all’arrivo che danno il via all’opera di annientamento dell’individuo: la rasatura dei capelli, l’assegnazione di un numero di matricola e del distintivo ( il triangolo rosso, per i politici).
“ognuno di noi dà le generalità, in compenso riceviamo due triangoli rossi e due rettangolini bianchi recanti il numero di matricola” ( diario di Leopoldo Gasparotto, Fossoli, 26 aprile 1944).
Il campo di Fossoli è composto da baracche di legno, guardate a vista dalle guardie,circondate da un reticolato di filo spinato
“il filo spinato maledetto che mi entra con le sue spine nel cuore” ( G.Luigi Banfi, Fossoli, 1 giugno 1944)
Di giorno i prigionieri politici sono costretti ai lavori forzati, per lo più attività agricole, lavori di sterro o sistemazione di strade all’esterno del campo. Le ore libere e la notte sono condizionate dalla condivisione dello spazio ristretto con numerose altre persone
“ cento per camerata, si dorme in “castelli”, specie di cuccette doppie a quattro posti. Pagliericcio e una coperta. Si dorme anche se pulci e zanzare ( qualche cimice e pidocchi) ci deliziano. ( Piero Garelli, Fossoli, maggio 1944)
Le sofferenze principali dei prigionieri, oltre alla mancanza di libertà e alla lontananza da casa, sono il freddo e la fame. La razione ufficiale di vitto sono due minestre, a pranzo e a cena, e 250 gr. di pane di segale.
Le richieste di aiuto, attraverso l’invio di pacchi di viveri e vestiario sono pressanti e continue, anche se a volte mascherate, per non far preoccupare i familiari, e la situazione è più grave per quei deportati che hanno la famiglia lontana o in condizioni economiche disagiate.
Alla durezza della vita e alla costante paura di venire deportati in Germania
“ ieri sono partiti più di mille uomini per la Germania e noi siamo qui in attesa. E’ per noi un’angoscia non saper niente” ( Jenidi Russo, Fossoli, 21 giugno 1944)
si aggiunge anche la violenza fisica e non mancano uccisioni e stargi, come l’assassinio dell’esponente azionista Leopoldo Gasparotto il 22 giugno a Fossoli e la fucilazione per rappresaglia di 67 prigionieri il 12 luglio 1944 nel poligono di tiro di Cibeno.