LETTERA APERTA AL QUOTIDIANO LA PROVINCIA

LETTERA APERTA AL QUOTIDIANO “LA PROVINCIA” DI COMO

I 120 anni de “La Provincia” luci e ombre

Il giornale La Provincia compie oggi 120 anni di vita. E’ un avvenimento degno di considerazione ed è auspicio di nuovi successi. Nell’elogio che fanno gli attuali protagonisti del giornale non si può non notare una svista macroscopica: manca del tutto una doverosa autocritica per l’atteggiamento servile tenuto da La Provincia durante il periodo fascista, nei confronti dei gerarchi locali e nazionali responsabili di gravi violenze, intimidazioni e financo di omicidi.

Il giornale La Provincia, per anni, fu una ripetizione anzi diremmo fotocopia del periodico fascista “Il Gagliardetto” che riportava gli avvenimenti politici a uso e consumo del P.N.F.. Non si nega che le cronache di cavalli imbizzarriti, frenati da volenterosi e dai carabinieri, sulle pubbliche vie , come la narrazione di avvenimenti festosi e luttuosi fossero inappuntabili, resta il fatto che la vita sociale e politica era dipinta in nero orbace.

Due fatti.

Il 7 agosto 1923, a Canzo durante un comizio del Cav. Baragiola, console della 3° legione della Milizia fascista, un contadino del luogo tale Pina Miro, rimbrottato dai camerati fascisti perché chiudesse la falce fienaia, con gesto imprevedibile colpì, con la stessa, il braccio sinistro del Baragiola, a cui in seguito lo stesso braccio fu amputato. Il Pina fu immediatamente ucciso con un colpo di revolver da un fascista, rimasto sempre ignoto.La Provincia nelle cronache dell’8, 9, 11 agosto diede del fatto una versione giustificatoria dell’omicidio, dando spazio solo al ricovero e all’operazione chirurgica del Baragiola e alla grande solidarietà del popolo fascista.

Il Pina Miro non fu nemmeno chiamato per nome; per La Provincia, era un tale, il feritore, l’uomo armato di falce, di cui era chiaro l’accanimento e la ferocia.

Il giornale L’Ordine che aveva dato una versione obiettiva e reclamava la punizione dell’uccisore di Pina, fu accusato di fomentare disordine e la sua sede fu devastata dai fascisti insieme a quella del Partito popolare, la sera del 9 agosto dello stesso anno. Dei fatti La Provincia fece una cronaca scarna senza nominare i responsabili fascisti, invece ben noti.

E’ assodato che l’operazione fu ordinata dallo stesso Mussolini.

Nulla fu detto della aggressione ad Abbondio Martinelli e a don Primo Moyana e successivi misfatti!

Ma la cosa più grave, “secondo caso”, fu l’attacco a Giancarlo Puecher fucilato dai fascisti a Erba il 22 dicembre 1943; unica vittima degli arrestati nell’erbese per ordine dei gerarchi di Como e di Erba. La cronaca dei fatti, che andrebbe tutta riprodotta apparve sul numero 8 del 1944 ( Direttore Giorgio Aiazzi ) Il titolo: Il Puecher era un delinquente reo di parecchi gravissimi delitti.

Dopo un elenco dei capi di imputazione tutti falsi per dichiarazione degli storici, di Giancarlo Puecher cattolico patriota che cadde sotto i colpi dei suoi carnefici gridando “Viva l’Italia, si dice sul giornale “Dimentichiamo il nome di questo giovane scellerato e sia a tutti di sollievo il pensiero e la certezza che ben altri giovani hanno immolato la vita per questa nostra patria adorata.

Puecher, alla luce chiara dei fatti…… era un delinquente pericoloso che agiva per cosciente spirito anti italiano, traviato e ridotto ad una vita di aberrante bassezza morale, anche per colpa della pessima educazione ricevuta”.

Giancarlo apparteneva a famiglia borghese, cattolica educato da una zio arcivescovo e dal parroco di Pontelambro don Giovanni Strada.

Sembra che il brano, orrendo, fosse ispirato se non scritto dal Prefetto Scassellati, disperato difensore della R.S.I. di cui conosceva la debolezza. Crudele e subdolo dopo la liberazione fuggì in America Latina, evitando la fucilazione riservata ad altri gerarchi, dopo regolari processi.

Di questi e altri fatti mai condannati, anzi esaltati, cosa si dice nelle encomiate celebrazioni odierne? Il bandito Puecher, è la prima medaglia d’oro della Resistenza, ma pochi anni fa La Provincia, in un articolo di Festorazzi, che aveva raccolto chissà quale chiacchiere, l’aveva definito pavido e pronto al tradimento dei suoi ideali di libertà “una risposta dell’Istituto di Storia Contemporanea a firma del prof. Corbetta” non trovò spazio sul giornale.

Luce e ombre. Anche delle ombre ( e che ombre! ) si deve dare contezza. I brindisi di oggi non sono tutte allegrezza; oppure dei 120 anni sono solo 100 o 95 quelli da ricordare?

Il comitato provinciale Anpi di Como

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