COMMEMORAZIONE DEI MARTIRI DI CIMA

Daria Caronti, figlia di Nello e nipote di Enrico Caronti, eroe della Resistenza, ha parlato alla commemorazione dei martiri di Cima a nome dell’ANPI Provinciale di Como. Qui di seguito il discorso di Daria.

Cittadine e cittadini, autorità, a nome dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia porgo un sentito ringraziamento a tutte e tutti per la vostra numerosa presenza qui, oggi, a ricordare un episodio particolarmente doloroso e feroce della storia del nostro territorio. Un ringraziamento particolare rivolgo a studentesse e studenti delle Scuole presenti, e ai loro insegnanti. La vostra presenza dimostra visione della storia e senso civico che dovrebbero essere assi portanti dell’insegnamento e della conoscenza.

Sono Daria Caronti, nipote di un partigiano, quell’Enrico Caronti barbaramente torturato e poi fucilato il 23 dicembre 1944 a Menaggio dalle stesse bande che qui compirono l’eccidio che stiamo commemorando, e sento il dovere e l’obbligo di rivolgermi ai giovani delle scuole perché studino la nostra storia, e ne traggano l’insegnamento che non può esserci democrazia senza libertà, e che la libertà, come era scritto in una bellissima canzone di Giorgio Gaber, non è “star sopra una albero, ma è partecipazione”.

Questa vostra partecipazione a questa cerimonia ben augurante. Oggi ricordiamo il brutale assassinio di 6 giovani, 5 ragazzi e 1 ragazza (la maggior parte di loro aveva vent’anni o poco più e uno, l’Ennio Ferrari detto “Carlino” solo 17), che sono stati uccisi in questo luogo per aver compiuto azioni finalizzate a sconfiggere il potente esercito nazista e i suoi servi ed alleati fascisti, compiendo azioni che avrebbero poi consentito di conquistare la libertà e la pace per un Paese devastato dalla guerra e da vent’anni di violenze subite, costretti a sopportare la negazione di tutte le libertà. Valori e ideali che costoro hanno saputo portare con sé fino al sacrificio della propria vita. Dobbiamo riprendere l’insegnamento avuto da questi martiri, dalle donne e degli uomini che hanno liberato l’Italia e ci hanno lasciato la nostra preziosa Costituzione, loro ne sono stati i veri padri. Gli ideali di coloro che ebbero il coraggio di opporsi al fascismo sono stati riversati nella Costituzione, certamente il maggior lascito della guerra partigiana. Costituzione scritta dall’Assemblea Costituente, elezione alla quale per la prima volta parteciparono le donne grazie anche al grande contributo che le stesse hanno dato alla Resistenza, in prima linea e nelle retrovie.

Tra pochi giorni, il 27 gennaio, verrà ricordata la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, divenuto il simbolo di quella immane tragedia che fu l’olocausto di Ebrei, di portatori di handicap, di Sinti e di Rom, di comunisti, di omosessuali e di tutti gli oppositori politici. Non ci fu pietà ne per le donne ne per i bambini o per gli anziani. Fu uno sterminio di milioni e milioni di persone, compiuto si dai nazisti ma al quali l’Italia fascista partecipò in prima persona. E non fu un incidente di percorso, ebbe il suo inizio nelle leggi razziali del 1938, che a loro volta affondano le radici nella marcia su Roma del 1922. È qui che comincia la tragedia. Un consenso fondato in gran parte sulla coercizione.

Questo è stato il fascismo, non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo. Oltre alle migliaia di Partigiani e oppositori del regime, morti, incarcerati e torturati o nella migliore delle ipotesi mandati al confino politico, ci è doveroso anche ricordare tutti quei militari di leva (e sono qualche milione) mandati inermi a morire per le mire espansionistiche di un regime che non voleva essere da meno delle altre potenze coloniali.

La memoria è quel filo invisibile ma tenace che tiene unite le comunità. La storia di un popolo non è solo un susseguirsi di date, di vittorie o di sconfitte, è innanzitutto il racconto di una identità fatta di cultura, sensibilità, simboli. Ci sono stati popoli che hanno subito tragiche diaspore ma solo quelli che hanno saputo conservare la memoria di sé sono riusciti a non perdere la speranza di un riscatto. Quando l’ANPI insiste nella difesa della memoria non lo fa solo per conservare quel patrimonio ideale che ha portato l’Italia a sconfiggere il nazifascismo avviando una nuova stagione di libertà, ma per garantire alle generazioni future pace e democrazia. Vorrei terminare con le parole di una grande donna soppravissuta ai lager nazisti, Liliana Segre:

Ricordate ragazzi che l’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. E’ l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori nel mondo.

La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza.

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