LETTERA DEL SEN. LUCIANO FORNI

Como 25 Aprile 2017

Anniversario della Liberazione

 

A Guglielmo Invernizzi

Presidente Provinciale ANPI Como

 

Caro Guglielmo,

sono veramente dispiaciuto, per ragioni di salute, di non poter partecipare insieme alla nostra Associazione, e ai cittadini comaschi, più sensibili, alla celebrazione del 72° anniversario della liberazione dell’Italia dall’occupazione dal nazifascismo.

Sono commosso nel trovarmi unito, con lo spirito ai comaschi più riconoscenti per fare memoria, con commozione immutata della fine di giovani che hanno sacrificato la vita per la nostra dignità e la nostra libertà e per riconfermare che la Resistenza è stato un movimento di popolo unico, nella sua esemplarità e organizzazione, nella storia dell’Europa.

E’ una realtà che nessuna persona o movimento possono disconoscere; al di là delle opportune ricerche storiche, se condotte con obiettività e buona fede: cosa che non sempre avviene.

E’ ora di affermare solennemente la legittimità, il coraggio, la generosità, la cultura ed il valore della Resistenza, abbandonando per sempre i tentativi di svilimento, le accuse di faziosità, o di sospetto di interessi politici settari dei Partigiani!

Detto questo il maggior sforzo va compiuto per garantire che i valori della Resistenza divengano, pienamente, le fondamenta della Costituzione nella vita dell’Italia.

C’è al contrario il tentativo di una rinuncia perché la Democrazia non sia più l’unico riferimento per la politica economica e sociale del Paese.

Invece sia a livello nazionale che locale tentano di togliere da scelte democratiche programmi economici e sociali per consegnare alla finanza nei suoi aspetti più speculativi.

Anche a Como lo sviluppo dell’economia è stato abbandonato dal Comune per attribuirlo a tavoli specialistici, composti da rappresentanti di poteri economici, che non hanno competenza derivanti di elezioni dirette, ma hanno la presunzione di essere protagonisti di una politica che privilegia i loro interessi particolari piuttosto che l’equilibrio sociale della comunità, dove la componente dei ceti più deboli è trascurata o ritenuta solo funzionale agli interessi forti rompendo l’imperativo di eguaglianza e di giustizia che è essenziale nel disegno della Costituzione. Questi che, quasi per investitura superiore si ritengono proprietari del destino del popolo sono chiusi nei loro ambienti privilegiati e non sentono l’esigenza di essere con noi,popolo, anche in queste convocazione. Forse che loro non siano stati i primi beneficiari del sacrificio dell’umile genti?!!

Un’altra distorsione che i partigiani, i patrioti e gli elettori non tollerano più è la corruzione nello stato e negli enti pubblici per gli interessi di casta o di cricca

questi prima di altri i resistenti volevano combattere insieme all’insopportabile evasione fiscale di chi, più avendo, dovrebbero concorrere più di altri a costruire una società giusta. Non da ultimo ci turba (è vero) ci indigna che il dibattito politico fra i partiti perché sia un luogo da ambizioni esagerate di singoli quasi che il successo di pochi sia anche un beneficio, o meglio il bene comune per tutti.

Un’altra cosa ci umilia! E il rifiuto a scelte culturali, programmatiche e di stili, consolidati nel tempo, che hanno dato vita ai partiti i quali dal dopoguerra hanno dato dignità alla politica e, in un confronto, talora aspro, hanno ricostruito l’Italia dal punto di vista spirituale e di giustizia. Appellarsi solo agli errori, che sono stati compiuti, senza un impegno a superarli e a dare forza ai partiti non è Reale. Vantare la non appartenenza, ai partiti, alla vigilia di scadenza elettorale è un atteggiamento miserevole che punta a fare dei protagonisti del dibattito gli argonauti della giustizia. Si tratta solo di meschinità. Cattolici, democristiani, socialisti, comunisti, liberali, azionisti sono stati tutti, chi più chi meno protagonisti della Resistenza.

Come cattolico sono orgoglioso della Medaglia d’oro Giancarlo Puecher di don Pappagallo, ucciso alle fosse ardeatine, del Beato don Carlo Gnocchi divenuto partigiano e apostolo dei mutilatini e di Teresio Olivelli nostro conterraneo morto per aiutare i compagni in campo di concentramento il 17 gennaio 1945, ora sulla via di diventare Beato, così come sono orgoglioso di Severino Gobbi, del prof. Vacchi di Caronti torturato e ammazzato dai fascisti a Menaggio. Forse sono stati uomini diparte, ma anche uomini di patria. Precursori di una politica seria che mi piace descrivere con le parole di Aldo Moro, sacrificato per lo stato e la sua gente.

La solenne dichiarazione dei diritti definita nello spirito delle tradizioni costituzionali e occidentali e, quindi nel grande filone del pensiero cristiano come inalienabile e sacro e risponde in questa situazione ad un esigenza, potremmo dire storica e ad una funzione pedagogica che rientra nella finalità di una Costituzione la quale chiude un agitato periodo di storia e ne apre un altro, avviando non soltanto attività legislative ed attività ed esperienze politiche, ma indirizzando gli spiriti e orientando nel costume e nella perfetta integrazione dei momenti personalistici e di quelli solidaristici, e nella considerazione come pietra angolare dei valor umani, fino a quelli di ordine spirituali di cui parla il 2° articolo della Costituzione.

 

Non sono parole di un indipendente, asettico, vuote di senso.

Fosse la politica fondata sulla rigorosità morale.

Caro Guglielmo, ti ho scritto il mio pensiero, non è il discorso ufficiale, è forse il testamento di un democratico forse un po’ deluso, ma ancora tenace e appassionato.

 

 

Con cordialità a te e agli amici e compagni ANPI

 

Luciano Forni

 

 

 

 

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