REPLICA DEL PRESIDENTE SMURAGLIA SU IL FATTO

REPLICA DI CARLO SMURAGLIA SU IL FATTO DEL 30 OTTOBRE 2013

In relazione all’articolo del professor Alessandro Pace apparso su Il Fatto del 27 ottobre 2013, ci teniamo a precisare quanto segue: a partire dal 18 maggio scorso e in tutti questi mesi, l’ANPI non ha mai fatto distinzioni tra problemi di metodo, di procedura e di merito. In materia costituzionale, tutto è sostanza; e dunque siamo e resteremo contrari sia alle modifiche all’ art. 138, sia a quelle che non siano già mature e coerenti col sistema costituzionale, già delineato nella prima e nella seconda parte della Costituzione stessa.

ARTICOLO DI ALESSANDRO PACE SU IL FATTO DEL 27/10/2013

Caro Direttore, leggo nell’articolo di Salvatore Cannavò pubblicato il
giorno 24 sul Fatto che Anpi e Cgil punterebbero a rilanciare il
Comitato “Salviamo la Costituzione, aggiornarla non demolirla”, il che
mi fa piacere essendone io il presidente. Sembra però, dall’articolo,
che sia la Cgil sia l’Anpi (ma ho dei dubbi a proposito di
quest’ultima) sarebbero bensì favorevoli a opporsi alle singole leggi
costituzionali (in particolare contro il presidenzialismo), ma non
contro il d.d.l. n. 813, col quale, com’è noto, Governo e Parlamento
intenderebbero “disapplicare” (una tantum!) la Costituzione per
introdurre una diversa procedura di approvazione delle
leggi costituzionali per la modifica della Costituzione. Ebbene, se
ciò fosse vero, io sarei personalmente contrario a Cgil e ad Anpi sia
come studioso, sia come primo firmatario dell’appello lanciato dal
Fatto in favore
dell’articolo 138.
Danilo Barbi, segretario generale della Cgil ha bensì giustamente
sottolineato la difficoltà dei comuni cittadini a comprendere il
significato di un referendum contro il solo d.d.l. n. 813, e cioè
contro il “metodo” delle riforme. Personalmente io sono invece certo
che gli italiani capirebbero bene il problema sottostante, se si
spiegasse loro che il d.d.l. n. 813, così com’è scritto, potrebbe
consentire la modifica di gran parte dell’“ordinamento della
Repubblica”. E quindi con effetti pregiudizievoli che invece non si
avrebbero con una semplice revisione ex
art. 138, in forza della quale si potrebbe tranquillamente effettuare
la puntuale riforma del bicameralismo, la puntuale riduzione del
numero dei parlamentari e addirittura la stessa riforma della forma di
governo (purché non se ne riducano i “contropoteri”!).
Non opporsi al d.d.l. n. 813 significherebbe, oltre tutto, far
pervenire ai cittadini italiani e alle forze politiche un messaggio
assai pericoloso, e cioè che l’articolo 138 non è più l’unico percorso
consentito per le revisioni
costituzionali – ma che il Parlamento, ponendosi al di sopra della
stessa Costituzione – può prefigurare percorsi alternativi per la
riforma della Costituzione.

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