SENTENZA DIAZ

I MANDANTI MANCANO SEMPRE

Antonio De Gennaro (all’epoca del G8 di Genova capo della polizia), ha parlato, non ha chiesto scusa, portando tutta la sua solidarietà umana e affettiva ai funzionari di polizia, “di cui conosco personalmente il valore professionale”… condannati definitivamente dalla Giustizia per essere stati gli esecutori materiali di tutto ciò che è accaduto all’interno della scuola Diaz. Una violenza inaudita che ricorda quella usata nel Ventennio dal regime fascista, inammissibile e intollerabile in una Repubblica democratica. De Gennaro subito dopo i fatti disse che “la Diaz era una semplice operazione di identificazione che si è trasformata in un’azione di ordine pubblico perché gli agenti sono stati attaccati.” Questo rappresentante dello Stato, sarebbe quello, come si è definito, che ha sempre operato nel rispetto della Costituzione.
Quel giorno, caro De Gennaro, no.

Come sempre nei fatti italiani mancano i mandanti, la testa pensante delle operazioni di repressione, i veri responsabili, quelli che hanno dato l’ok alla violenza.
Era tutto scritto che il G8 (luglio 2001), sarebbe sfociato in un violento scontro. Oltre 10 mila agenti delle forze dell’ordine non sono riusciti ad impedire l’arrivo di alcune centinaia di black bloc, il morto era annunciato e nulla è stato fatto per impedirlo. Carlo Giuliani aveva solo 23 anni. I servizi segreti avevano scientificamente fatto crescere la tensione nell’opinione pubblica e tra gli uomini che avrebbero difeso la zona rossa.
Il 20 maggio l’Ansa aveva diffuso la notizia (fonte servizi segreti), che durante la manifestazione sarebbero stati lanciati palloncini contenenti sangue infetto da Aids. Alleanza nazionale aveva dato solidarietà preventiva alla forze dell’ordine per gli inevitabili scontri. Gianfranco Fini, vicepresidente del Consiglio, non si è mai saputo a quale titolo, in quei giorni, frequentava molto la sala operativa della questura di Genova, accompagnato dal maresciallo dei carabinieri Filippo Ascierto che poi è diventato deputato di An.

Il buco nero di tutta la vicenda è rappresentato dal comportamento di chi allora era ministro dell’Interno, Claudio Scajola, che dopo i fatti gravi e violenti dei giorni precedenti invece di stare a Genova a controllare che tutto si svolgesse senza incidenti, la notte della Diaz, dormiva tranquillamente nel suo letto di casa ad Imperia. La moglie il giorno prima aveva dichiarato al Secolo XIX che il marito era tornato molto stanco, infatti quando sabato 21 il prefetto De Gennaro lo chiama alle 22,30 il ministro e consorte sono già a letto. Cosa si dicono i due in quella telefonata? Quali sono le indicazioni che Scajola dà a De Gennaro? Perché il giorno dopo Scajola, per rendersi conto dell’accaduto, non va a visitare il lager di Bolzaneto, dove le violenze continuano nei confronti dei prelevati dalla scuola Diaz? Perché né il ministro, né il presidente del Consiglio Berlusconi hanno chiesto immediatamente la testa di De Gennaro? Oggettivamente la responsabilità dell’accaduto è la sua, quei funzionari, che lui oggi difende, non possono aver agito senza un ordine superiore. Perché impunemente l’ex capo della polizia può permettersi di insultare una sentenza della Cassazione? Dopo Scajola al Viminale si sono succeduti Giuseppe Pisanu, Giuliano Amato e Roberto Maroni, nessuno dei tre ha osato rendere pubblici i documenti (sicuramente rinchiusi in uno dei tanti armadi della vergogna) riguardanti quella notte.
Ancora una volta la politica ha abdicato alle proprie responsabilità

Loris Mazzetti, Articolo 21, 10 luglio 2012

CONVEGNO FASCISTA A MILANO

ANNUNCIATO A MILANO UN CONVEGNO DELL’ESTREMA DESTRA EUROPEA
APPELLO ALLE ISTITUZIONI, AI PARTITI E ALLE ASSOCIAZIONI ANTIFASCISTE

È preannunciato per venerdì e sabato, 6 e 7 luglio, lo svolgimento di un convegno a Milano, presso l’Hotel Michelangelo, indetto dall’Alleanza europea dei movimenti nazionalisti, una sorta di nuova Internazionale di estrema destra, formatasi nell’ottobre 2009 a Budapest sotto la spinta del Front national francese, dei neonazisti inglesi del British national party e dei razzisti ungheresi di Jobbik, cui si sono aggiunte altre formazioni neofasciste ucraine, spagnole e belghe. L’Italia verrà rappresentata dalla Fiamma tricolore, cui è stata demandata l’organizzazione delle due giornate milanesi, guidata dall’ex parlamentare europeo Luca Romagnoli, passato alla notorietà per aver nella campagna elettorale del 2006 negata l’esistenza delle camere a gas nei campi di sterminio nazisti.

La Rete Antifascista milanese, nell’esprimere la propria preoccupazione per la venuta in città di esponenti del peggior razzismo e antisemitismo europeo, per altro a ridosso della stazione centrale, uno dei punti di ritrovo a maggior densità multietnica che la metropoli conosca:

  • fa appello alle istituzioni, Prefettura e Questura, ai partiti democratici e alle associazioni antifasciste, affinché un simile raduno, pericoloso per la convivenza civile e democratica, non abbia luogo;
  • si rivolge al Sindaco di Milano, città Medaglia d’oro della Resistenza, perché manifesti la propria contrarietà a questo avvenimento, qualificando come non gradite le persone e le forze che vi vorrebbero partecipare.

«Crisi dell’Europa e dell’euro»: il titolo sembra quello di uno dei tanti convegni che si tengono un po’ ovunque di questi tempi. Ma non è così, perché il convegno in questione è organizzato dall’Alleanza Europea dei movimenti nazionali e chiama a raccolta esponenti delle destre xenofobe e razziste di tutta Europa. Fra gli “ospiti” annunciati al convegno che si terrà il prossimo 6-7 luglio all’hotel Michelangelo di Milano, ci sono l’ungherese Bela Kovacs di Jobbik, Bruno Gollnisch del Front National lepenista, Nick Griffin del British National Party; e poi ancora rappresentanti  dell’estrema destra slovena, portoghese, belga, polacca, spagnola, svedese e ucraina. Benché non ce ne sia ancora certezza, non si esclude l’arrivo anche di esponenti del partito neonazista greco, Alba Dorata. Per l’Italia invece ci sarà l’ex parlamentare europeo Luca Romagnoli di Fiamma Tricolore.

La prima giornata dell’incontro all’Hotel Michelangelo, proprio di fronte alla Stazione Centrale, sarà a porte chiuse; sabato mattina invece il dibattito sarà aperto al pubblico.

Per la Questura di Milano il raduno non rappresenta ancora un pericolo da allarme rosso. Più che altro, pare, la Questura teme eventuali reazioni e scontri con i gruppi delle fazioni opposte.

La dichiarazione della Comunità ebraica
In riferimento al raduno dell’estrema destra organizzato dall’alleanza europea dei movimenti nazionali, che si terrà a Milano dal 6 al 7 luglio, Walker Meghnagi e Daniele Nahum, rispettivamente Presidente e Responsabile delle Relazioni Istituzionali della Comunità Ebraica di Milano, hanno dichiarato “siamo allarmati del fatto che tutta l’estrema destra xenofoba europea si darà appuntamento nella nostra città, medaglia d’oro per la Resistenza. Queste organizzazioni vogliono riportare le lancette dell’orologio al periodo più buio della storia europea. Le istituzioni democratiche della città devono impedirlo. Per questo chiediamo a tutte le autorità competenti di valutare l’applicazione della legge Mancino e dunque valutare se ci sono i presupposti per annullare, anche all’ultimo minuto, questo preoccupante raduno. Inoltre, chiediamo a tutte le imprese e associazioni importanti convenzionate con l’Hotel Michelangelo, come ad esempio l’Associazione Italiana Calciatori, di annullare gli accordi che hanno stretto con questo albergo”.

SOTTOSCRIZIONE ANPI PER I TERREMOTATI

SOTTOSCRIZIONE ANPI PER I TERREMOTATI DELL’EMILIA ROMAGNA

L’Anpi, nel corso della Festa nazionale di Marzabotto, ha aperto una sottoscrizione pro terremotati dell’Emilia Romagna presso tutti i Comitati Provinciali dell’Associazione.
Si invitano coloro che intendono partecipare alla sottoscrizione a fare riferimento alle sezioni ANPI territoriali.

TAGLIA LE ALI ALLE ARMI

alt

PER BATTERE LA CRISI SERVONO ALTRE ARMI
L’Arci continua con nuove iniziative Taglia le ali alle armi, la campagna di sensibilizzazione contro l’acquisto degli F35.
Affissi a Como e a Cantù una serie di manifesti per Tagliare le spese militari liberando risorse da investire sui giovani, sul lavoro e  lo stato sociale.
Dal 25  febbraio 2012, data in cui molti cittadini italiani si sono mobilitati in più di 100 piazze del Paese per chiedere al Governo e al Parlamento di cancellare il programma di costruzione e acquisizione dei cacciabombardieri F35, continua la  campagna  Taglia le ali alle armi promossa da Arci, Tavola della pace, Rete Disarmo e Sbilanciamoci. Nonostante le mobilitazioni popolari, nonostante ci si trovi a vivere una situazione di crisi in cui  la disoccupazione è in aumento, il governo taglia le risorse destinate a scuola, pensioni  ed assistenza sociale, nonostante il terremoto non abbia di certo recato beneficio al Paese, nonostante quanto espresso nella Costituzione della Repubblica Italiana, il programma per l’acquisto degli F35 prosegue. Lo scorso 16 maggio al Senato è stata aperta la discussione sul disegno di legge delega che avrebbe dovuto tagliare la spesa militare. Anche se il numero degli F35 passerà da 131 a 90 e i soldati da 190.000 a 150.000, non si tratta di una proposta che riduce le spese militari: al contrario, la proposta che il  Ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha presentato in Parlamento per la revisione delle Forze armate comporta un chiaro aumento della spesa pubblica e della spesa militare (10 miliardi di euro per l’acquisto degli F35 e 30-40 miliardi di euro per la loro gestione e manutenzione) e disegna  una riforma che costerà più di 23 miliardi di euro. Il  disegno di legge delega è stato presentato unicamente  dal Ministro della Difesa, non è stato concordato con gli altri Ministri e non riporta la firma del presidente del Consiglio dei Ministri. Nel documento sono contemplate: la riduzione del  personale della Difesa a favore dell’acquisto di nuove armi, la deviazione di alcuni costi del personale su altre Amministrazioni, la gestione in prima persona, da parte del Ministro, della riduzione del personale militare e civile senza che ai militiari venga applicata la riforma delle pensioni appena approvata , una grande flessibilità gestionale di bilancio che comprende che  gli introiti ricavati dalla vendita delle infrastrutture militari da dismettere contribuiscano ad aumentare unicamente  il bilancio della Difesa e che gli  interventi di Protezione civile delle FFAA divengano a pagamento a piedilista direttamente alla Difesa. Il ministro, inoltre, propone di  incaricarsi direttamente della vendita  ad altri Paesi  delle armi da dismettere e  chiede proroga annuale del termine entro cui realizzare la riforma perchè il piano economico  presentato è talmente vago e difficilmente realizzabile  che   il termine entro cui realizzare la riforma e le modalità di ammortizzamento delle  spese non sono al momento  definibili. Ancora una volta, dunque, si continua a percorrere la strada dello spreco di risorse per programmi militari pluriennali e mastodontici, pensati per contesti diversi, incapaci di garantire Pace e sicurezza contrari allo spirito della nostra Costituzione, si soggiacere delle scelte politiche agli interessi economici particolari dell’industria a produzione militare e dei vantaggi che essa crea per pochi gruppi di privilegiati.
Ancora una volta non vengono utilizzate risorse per le necessità vere del paese: rilancio dell’economia, ricostruzione dei luoghi colpiti da disastri naturali, sostegno all’occupazione, alla ricerca, all’istruzione e alla sanità pubblica.  Inoltre  esprimiamo con determinazione la necessità di rivedere il nostro modello di difesa adattandolo ai tempi, in una prospettiva europea  in grado di contenere la spesa pubblica nazionale dedicata alla Difesa. Infine, la Tavola della pace ha deciso di lanciare, a partire dal 2 di Giugno, una raccolta firme per chiedere al Governo di concentrare la propria attenzione sull’elaborazione di politiche sul lavoro anziché  sulle spese militari. La raccolta firme si chiama Lavoro, Non Bombe!  Parte del testo della raccolta firme recita: «Milioni di persone in Italia non hanno un lavoro dignitoso. Milioni di persone nel mondo vivono nella miseria sotto l’incubo delle bombe. Bisogna cambiare strada. Tagliare le spese militari per liberare risorse, investire sui giovani, sul lavoro e lo stato sociale. Questo chiediamo alla politica e alle istituzioni. Per ritrovare un po’ di pace, per uscire dalla crisi insieme, più liberi ed eguali».

Tutti i cittadini sono invitati a firmare la petizione sul sito www.perlapace.it oppure su www.facebook.com/LavoroNonBombe.
ArciLombardia – Comitato provinciale di Como

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi