LE DONNE DELLA RESISTENZA NEL COMASCO

L’Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perrettae l’Anpi di Como hanno organizzato nella serata di venerdì 23 marzo l’incontro Le donne della Resistenza nel Comasco, con Roberta Cairoli autrice del libro Nessuno mi ha fermata (Roberta Cairoli, Nessuno mi ha fermata. Antifascismo e Resistenza nell’esperienza delle donne del Comasco 1922 – 1945, NodoLibri, Como, 2005, 288pagine, 20 euro.) e Wilma Conti, testimone della Resistenza. 

Roberta Cairoli ha analizzato con grande passione le forme e il significato della presenza femminile nella resistenza, intrecciando le nuove categorie storico interpretative da lei proposte con i vissuti particolari delle donne del comasco. Una relazione molto sentita, condotta con precisione e attenzione, che è stata apprezzata dai presenti, un pubblico in gran parte già conoscitore delle vicende specifiche della Resistenza nel comasco. Attraverso i nomi delle donne incontrate nel suo discorso chi ha ascoltato ha ricevuto l’immagine di una dimensione corale della resistenza femminile, della straordinaria complessità e rilevanza del contributo delle donne nella guerra di liberazione.

«Nell’immaginario collettivo resistente è chi ha militato nelle formazioni partigiane o chi ha combattuto. E queste caratteristiche vengono tendenzialmente attribuite a uomini» ha fatto notare Cairoli. In questo modo però si tralascia la grande importanza della resistenza civile, e con questo anche lo straordinario apporto femminile alla guerra di liberazione. «Bisogna rompere la dicotomia che associa gli uomini alla guerra e le donne alla pace, anche perché non è semplice distinguere la resistenza civile da quella armata» ha avvertito Cairoli. «La Resistenza è infatti un fenomeno complesso, caratterizzato da un attraversamento dei ruoli, che ha favorito nelle persone la scoperta di nuovi modi d’essere. La seconda guerra mondiale, infatti si caratterizza come guerra di occupazione, che irrompe prepotentemente nel privato e nella vita di ciascuno. Per le donne decidere di partecipare alla resistenza significava infatti essere costrette a rompere con la separatezza della propria dimensione privata per gettarsi in quella

pubblica». E questo ha contribuito particolarmente a dare consapevolezza al ruolo delle donne nella società. «La guerra viene quindi a determinare per le donne uno shock esistenziale, che le costringe a reinventare la propria collocazione di donne al di fuori dei confini tradizionali» ha detto Cairoli. Per la donna infatti il progetto politico di militanza ed il progetto esistenziale venivano a sovrapporsi, nel comune denominatore di trasgressione di codici, di regole date. «Alcune, per esempio, utilizzavano la propria immagine di donna per passare indenne ai controlli fascisti, assumendo la maschera della ragazzina ingenua, altre trasformavano una militante politica in una sfollata, un partigiano in un amante. Altre invece iniziarono a raccogliere denaro per finanziare la Resistenza, ciclostilavano volantini, diffondevano la stampa clandestina, trasferivano informazioni, accoglievano e davano rifugio a partigiane e partigiani. Altre ancora si inserirono nelle vere e proprie formazioni combattenti».

Dopo questa relazione è intervenuta Wilma Conti, che ha donato ai presenti la forza della sua testimonianza. Le immagini da lei evocate, il suo ruolo di giovane partigiana, il racconto di suo padre catturato dai fascisti durante un rastrellamento della brigata nera hanno la forza di una lama, richiedono memoria e riconoscenza nei confronti di tutti coloro che hanno costruito la resistenza e hanno lottato per la libertà. Riconoscenza che deve essere rivolta anche a tutte le donne che hanno svolto un ruolo di primo piano e posto le basi per una società più attenta anche ai Diritti delle donne.

[Matilde Aliffi, ecoinformazioni]

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