22 SETTEMBRE – ARCI GUERNICA

GIOVEDI’  22 SETTEMBRE – ORE 20:30

ARCI GUERNICA presenta:

MUSICA PER XANADU’

concerto di RACCOLTI FONDI per sostenere lo SPAZIO GLORIA

con LORENZO MUNGUZZI (voce e chitarra dei Mercanti di Liquore) e DANIELA SAVOLDI al violoncello

Aprono la serata I RE DELLA CANTINA

Con la partecipazione di Emergency e il patrocinio del comune di Bulgarograsso.

INGRESSO A OFFERTA LIBERA!

Area feste – via Cavallina (area campo sportivo) – BULGAROGRASSO

CONFERENZA CON GANAPINI

Primo appuntamento, sabato pomeriggio in Biblioteca Comunale a Como, per il ciclo di incontri organizzato dall’ANPI di Como, in collaborazione con l’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta”, su Fascismo, Antifascismo, Costituzione. Il professor Luigi Ganapini, direttore della Fondazione Isec di Sesto San Giovanni, ha tenuto una approfondita relazione di fronte a un pubblico attento e interessato, di oltre una cinquantina di persone.    Introdotto – a nome della sezione di Como dell’Anpi – da Luciano Forni e da Luca Michelini, Luigi Ganapini ha ripercorso in un’appassionata e affascinante ricostruzione le linee fondamentali della storia dei 150 anni dell’Unità italiana. Ha infatti esordito sottolineando l’importanza, in quest’anno di celebrazioni, di tornare a riconsiderare anche l’origine della nazione italiana, senza nascondersi i problemi di quella fase risorgimentale, ma anche senza dimenticare che ci fu – in quel momento – una fondamentale “unità di intenti”, nonostante le molte differenze di pensiero, tra i protagonisti e i gruppi che condussero al nuovo Stato. È stata questa la chiave di tutto l’intervento: provare a smontare e a rimontare i diversi pezzi che hanno concorso a fare la storia d’Italia: il risorgimento, la prima guerra mondiale, il fascismo, la seconda guerra mondiale, la repubblica sociale italiana, la resistenza, la liberazione e la fase costituente.

Ganapini non si nasconde mai i problemi: né quelli storiografici né quelli politici, ma è capace di riassumerli con un tono sicuro e ironico (anche autoironico) che coinvolge chi ascolta e indirizza possibili ulteriori approfondimenti; senza farlo pesare, suggerisce persino via via una sorta di bibliografia di riferimento, ripercorrendo alcuni testi che per lui sono stati fondamentali (e anche alcuni testi fondamentali scritti da lui). In poche frasi essenziali rende evidente quanto il revisionismo storico “alla Pansa” sia privo di fondamento e dettato solo da intenti diffamatori. Con chiarezza esemplare disegna il rapporto fondativo dell’ideologia e della pratica politica del fascismo con la guerra, demolendo qualsiasi ipotesi “buonista” sull’“errore” mussoliniano dell’ingresso nella seconda guerra mondiale a fianco di Hitler. Ma non cede nemmeno alla facile scorciatoia di considerare la repubblica sociale italiana una sorta di “paradosso della storia” senza sostanza, e quindi ne considera tutti gli aspetti, anche quelli meno rassicuranti per una ricostruzione “mitologica” della storia dell’opposizione al fascismo. Né si nasconde i problemi del variegato mondo resistenziale, dove lottavano con obiettivi finali anche diversi, ma  fianco a fianco e avendo di mira un primo fondamentale risultato – la sconfitta del fascismo e la fine dell’occupazione nazista –, comunisti, socialisti, cattolici, badogliani eccetera.

La conclusione del percorso è quindi di nuovo sulla sottolineatura dell’“unità”, da cui era partito col risorgimento: un’unità non appiattita nell’omologazione, ma arricchita da molte diverse declinazioni.

Il coinvolgimento della platea è stato evidente nella continuazione del pomeriggio: più di un’ora di domande interessate e di risposte sempre essenziali, ma mai di routine, e sempre intercalate da ammiccamenti (“ma vi siete portati i panini? perché con queste domande stiamo qui fino a notte…”).

Un ottimo inizio per il ciclo del’Anpi, che proseguirà, il 15 ottobre, con l’intervento di Leonardo Paggi, autore di Il popolo dei morti. La repubblica italiana nata dalla guerra. 1940-1946 (Il Mulino, Bologna 2009), su “La resistenza e la nascita della Repubblica”, e a novembre, in data ancora da fissare, conl’intervento di Claudio Pavone, autore del noto saggio Una Guerra Civil SETTEMBRE e (1995) edito da Bollati Boringhieri.

Fabio Cani, ecoinformazioni, 18 settembre 2011.

17 SETTEMBRE – CONFERENZA DI LUIGI GANAPINI

L’ANPI DI COMO, IN COLLABORAZIONE CON L’ISTITUTO DI STORIA
CONTEMPORANEA PIER AMATO PERRETTA,

ORGANIZZA UN INCONTRO PUBBLICO SU: “FASCISMO, ANTIFASCISMO, COSTITUZIONE”

CON IL PROFESSOR LUIGI GANAPINI,

DOCENTE ALL’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA.

SABATO 17 SETTEMBRE

ORE 16

PRESSO LA BIBLIOTECA COMUNALE DI COMO
PIAZZETTA VENOSTO LUCATI.

SIETE TUTTI INVITATI

INGRESSO LIBERO.


Luigi Ganapini, ordinario di storia contemporanea all’Università di Bologna, già membro del Comitato Direttivo G. Di Vittorio,è Direttore dell’Istituto di Storia dell’Età Contemporanea. Ha scritto diversi libri, tra i quali ” La Repubblica delle Camicie Nere”, ed. Garzanti – 1999.

5 SETTEMBRE – ADOLFO VACCHI

ADOLFO VACCHI

Adolfo Vacchi

ADOLFO VACCHI, docente, nacque a Bologna il 29 gennaio 1887 e fu ucciso a Como il 5 settembre 1944.

Si laureò in Matematica presso l’Università degli Studi di Bologna e gli venne assegnata la cattedra di matematica e fisica all’Ateneo di Venezia.

Militante antifascista e rappresentante sindacale, fu più volte aggredito dagli squadristi.

Nel 1923, per le sue idee politiche, il governo fascista emise contro di lui un provvedimento di confino che lo costrinse a trasferirsi a Milano dove, per sopravvivere, dovette adattarsi a dare lezioni private agli studenti.

Sfollato con la famiglia a Veniano, in provincia di Como, durante la guerra, entrò a far parte del Comando Generale del C.V.L. con il nome di battaglia di Hope. Nel 1944 accettò il rischioso compito di organizzare una stazione radio clandestina dell’ O.R.I. (Organizzazione per la Resistenza Italiana) in stretto collegamento con i servizi segreti alleati di Lugano, l’ O.S.S.

Dalla stazione radio Hope riuscì a mandare in onda importanti messaggi d’incitazione alla lotta e alla Resistenza, fra cui uno, particolarmente famoso per la sua appassionata veemenza, trasmesso il 25 luglio 1944, primo anniversario della caduta del fascismo.

Il 18 agosto 1944, a causa di una delazione, venne arrestato nella sua casa di Veniano e condotto a Como, nelle carceri di S. Donnino. Privi di alcuna prova che permettesse loro di imbastire un processo, non volendo liberarlo, i fascisti decisero di eliminare il professore, giudicato pericoloso per la sua lucida intelligenza. Nel corso di un trasferimento, simulando una fuga, gli spararono alle spalle, a tradimento, la notte del 5 settembre, all’esterno del cimitero di Camerlata, a Como.

Bibliografia: G. Perretta – Un matematico per la libertà – Como, ed. C. Nani, 1986

Testimoni viventi: Rino Carpentiero, ex alunno, Brescia. 

LETTERA ALLA FIGLIA, 25 luglio 1943.

Mia cara figlia,
oggi è giorno di libertà, di redenzione, di
ebbrezza: qui a Milano sembriamo tutti ubriachi
ed i più assennati sembrano pazzi…
Gli altri non ci sono più, tutti sfasciati, non più
francobolli, non più ritrattoni gorilleschi e grotteschi.
Esultate, esultate!!
Oggi il popolo esplode dopo 249 mesi di oppressione
e di compressione: per me è il giorno più bello
della vita, così lungamente, tormentosamente
ma fiduciosamente atteso! Esultate!
Vorrei scrivere la lettera più bella che io abbia
mai scritto, bella come la libertà sognata e
di cui spunta l’alba, (scriverò con più calma)
ma sono stanco, sfinito, tu mi conosci e mi
capisci! “Viva la libertà!”
Non posso dire altro, non posso scrivere né
descrivere le 16 ore di tripudio personale e
collettivo. Il fascismo è stato travolto,
finito in un attimo, per sempre!
W la libertà
Tuo Adolfo
Tuo Padre
ore 15 del 26-7-1943 anno I dell’Era Nuova
credere obbedire combattere
capire sapere agire.

Riportiamo qui di seguito il discorso tenuto dal sen. Forni, vice-presidente della sezione Anpi di Como, in occasione dell’inugurazione della lapide in ricordo di Adolfo Vacchi, nella casa di Veniano dove venne arrestato.


RICORDO DI ADOLFO VACCHI

UN MATEMATICO PER LA LIBERTA’

Ringrazio la sezione ANPI del Seprio e l’ANPI Provinciale per aver organizzato questo incontro al fine di ricordare il partigiano, lo scienziato, l’educatore prof. Adolfo Vacchi che qui ha vissuto, con la sua famiglia, da sfollato, gli anni più pericolosi della 2a guerra mondiale , in particolare il periodo dell’ occupazione nazista e dell’infausta RSI.

Sono sempre stato affascinato dalla figura di questo studioso, rigoroso, limpido nel pensiero, costante e coraggioso nel difendere la libertà.

Quando ho diretto, alla fine degli anni ’80, le scuole elementari del VIII Circolo di Como, con il consenso unanime del Collegio dei Docenti e del Consiglio di Circolo, ho proposto al Ministero della Pubblica Istruzione di dedicare al prof. Vacchi le scuole elementari di via Montelungo, che ora portano il suo nome.

Sono quindi onorato di poterlo qui commemorare a pochi giorni dal 5 di settembre, che ricorda l’anniversario del suo assassinio, avvenuto 66 anni fa ad opera dei fascisti Repubblichini di Como.

Sarà posta una targa, sulla casa in cui ha abitato, per non dimenticarlo.

La targa è piccola cosa per un sacrificio della vita, ma è un segno indispensabile in questi tempi,

in cui la libertà è proclamata, ma non coltivata e onorata, in cui la democrazia è formalmente la regola della vita dello Stato e delle Istituzioni locali, ma in realtà è spesso ignorata o peggio tradita

cui l’intelligenza e la cultura sono piegate al servilismo verso i poteri dominanti piuttosto che esaltate come veicoli di dignità e maturità dei cittadini.

Non è la nostra una dittatura opprimente, ma è la cancellazione dei valori che rendono lo spirito dell’uomo capace di dominare le cose e di migliorare il mondo.

L’intelligenza si manifesta col pensiero, si comunica con la parola scritta e orale, è la parola che distingue l’uomo dalla bestia.

Solo le bestie possono tacere.

Sono le parole di Vacchi, scritte nella lettera a un giovane fascista il 28 luglio 1943, tre giorni dopo la caduta di Mussolini ed il suo arresto.

Lo stesso, nel discorso radiofonico tenuto il 25 luglio 1944, primo anniversario della caduta del fascismo, proprio qui dalla radio ORI

(Organizzazione della Resistenza Italiana), così si rivolge agli ascoltatori:

Il disastro comune ci dà il comune e solidale intendimento di diventare, insieme uniti, liberi, dignitosamente liberi, coraggiosamente liberi”.

Sono parole forti in cui possiamo riconoscere anche la pesantezza, l’angustia, l’insopportabilità dei giorni che viviamo.

Di fronte ad un dibattito, che vorrebbe essere politico, ma è un battibeccare indecente sugli interessi e sul malaffare di alcuni, così detti

responsabili della Cosa Pubblica, di fronte all’indifferenza degli stessi , così detti responsabili, che non percepiscono l’ansia di giustizia del popolo italiano, che non vedono le esigenze sacrosante dei lavoratori, dei pensionati, delle famiglie, la memoria di Vacchi ci obbliga a parlare

perché solo le bestie possono tacere

e noi, in nome di quelli che sono morti per la nostra libertà, vogliamo alzare la voce e chiamre tutti ad una nuova Resistenza, che fa leva sul suo motto:

Sapere, pensare, agire”,

che egli con forza contrapponeva “allo schiavistico trinomio:

credere, obbedire, combattere”.

Allora ha senso fare memoria di Adolfo Vacchi, “Hope”, ha senso mettere una targa, ha senso ancora commuoversi di fronte ala sua vicenda umana, straordinaria e infelice?

Adolfo Vacchi, nato a Bologna il 29 gennaio 1887, laureato in matematica, si era trasferito a Venezia dove insegnava la sua materia e si occupava di problemi sindacali nell’ambiente del Partito Socialista, che era stato anche il partito di origine di Benito Mussolini e a cui rimproverava di aver tradito gli ideali della sua giovinezza nel settembre 1922, ancor prima della marcia su Roma; venne minacciato per le sue idee libertarie e aggredito in strada, fu percosso brutalmente, ma riuscì a salvare la vita.

Nel gennaio 1923 fu colpito da un provvedimento di confino ( il primo del regime fascista) e dovette recarsi a Milano.

Qui, in un contesto difficile, sempre controllato e pedinato, non smise mai di professare un antifascismo intelligente, praticato in modo efficace ed affascinante per i suoi numerosi allievi, a cui insegnò sempre la matematica non in modo arido, ma producendo stimoli alla ricerca scientifica, unitamente all’educazione ad una vigile capacità critica e ad uno sconfinato amore per la libertà.

All’inizio della 2a Guerra Mondiale, conscio della sciagura che avrebbe arrecato all’Italia, intensificò le sue critiche al Regime liberticida, al razzismo importato dalla Germania di Hitler e per questo subì un processo da cui uscì a testa alta, pur ricevendo ammonizioni e minacce.

A seguito dei primi bombardamenti su Milano sfollò a Veniano, rimanendo però sempre legato al capoluogo e alla sua scuola.

Contava i giorni dell’oppressione e del terrore politico ed esultò il 25 luglio del 1943, scrivendo alla figlia Urania che, dopo 249 mesi di oppressione, viveva il giorno più bello della sua vita al grido di “Viva la libertà”, ma ben presto dovette affrontare l’esperienza di una dittatura più crudele, quella della RSI, utilizzata dai nazisti come estremo e disperato baluardo per esorcizzare una sconfitta che si faceva sempre più vicina.

Egli accettò nel 1944 di fare da collegamento fra i comandanti partigiani dell’area a nord di Milano, di mantenere i rapporti con gli esuli in Svizzera e di dar vita ad una stazione radio ORI.

Arrestato a Veniano, nella notte fra il 18 e il 19 agosto 1944 dal famigerato commissario Saletta, fu tradotto a Como nelle camere di Sicurezza della Questura insieme all’ ingegner Luigi Carissimi Priori e alla moglie di lui, Maria Girola.

Dovette subire interrogatori umilianti ed il 24 agosto furono simulati per lui i preparativi per la fucilazione.

Il 5 settembre fu condotto al cimitero di Albate dove venne fucilato il partigiano Rocco Jeraci; Vacchi, così dissero i suoi persecutori, doveva essere portato a Veniano per un sopralluogo nella sua casa, ma sulla strada per Albate venne proditoriamente colpito con uno o più colpi di pistola, con la scusa che stava fuggendo, e poi lasciato lì a morire dopo una lunga agonia.

Saletta, commissario, e Pozzoli, Questore, imbastirono allora una commedia per far credere che Vacchi era morto, quasi accidentalmente, per un tentativo di fuga. La pantomima non resse di fronte a testimoni oculari e alle successive ammissioni degli assassini e loro mandanti.

Su una strada buia, braccato come un delinquente, concluse la sua vita un uomo indomito, che non poté vedere l’alba del 25 aprile 1945, né la punizione dei Gerarchi del fascismo a Dongo e a Mezzegra, né la condanna a morte dei suoi aguzzini Saletta, Pozzoli e Porta,

Non poté vedere la nascita della Repubblica Italiana, né l’entrata in vigore, il 1° gennaio 1948 della Costituzione.

Per questi momenti storici di rinnovamento e di Redenzione Sociale, egli aveva studiato, studiato e lottato senza tentennamenti, èer questi risultati aveva dato la vita.

Con la sua intelligenza e il suo fervore egli avrebbe potuto contribuire ad avviare, con serietà, il cammino della Repubblica, soprattutto nel settore delicato della scuola, che tanto aveva amato.

Nella lettera al giovane fascista del 1943 scriveva:

“ La scuola deve essere libera, cioè apartitica e areligiosa, deve essere informativa e critica…E’ l’istituzione che migliorerà la società umana,

è il conoscere che può dare agli uomini la forza politica per giungere ad una società di esseri intelligenti e liberi.

Sarebbe un ottimo programma per la scuola e la società di oggi, se solo tutti avessimo la voglia di scuoterci di dosso l’indifferenza, la pigrizia, l’egoismo, la disponibilità ad accettare anche la miopia dei politici di oggi, la loro arroganza.

Facciamo, amici giovani ed anziani, una nuova Resistenza, pacifica ma incrollabile, mite ma generosa.

Ce lo chiedono con una voce sempre più flebile, i nostri morti.

I veri, i soli campioni della Libertà.

W la Resistenza, W l’Italia.

Sen. Luciano Forni

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